Preoccupano le interruzioni del flusso di gas russo attraverso il Nord Stream, dal quale arrivava il 40% dell’energia europea
Ieri sera, a causa di una “perdita d’olio con una miscela di un mastice sigillante” individuata nel Nord Stream 1, la Russia ha completamente interrotto il flusso del gasdotto verso l’Europa “fino a quando non saranno eliminati i problemi di funzionamento delle apparecchiature“. Cosa significa questo in concreto?
La decisione, che non è difficile interpretare come una ripercussione di Mosca nei confronti delle sanzioni dell’Occidente, preoccupa anche perché potrebbe non essere un episodio isolato ma divenire un vero e proprio strumento di ricatto da parte della Russia, periodico o addirittura permanente. Si guarda dunque con apprensione all’autunno.
Un possibile scenario futuro ce lo indica il presidente di Nomisma Energia Davide Tarabelli, secondo cui “se la Russia chiudesse oggi il rubinetto del gas, con le scorte all’83%, all’inizio di gennaio saremmo costretti a razionare i consumi“.
«Ma sarebbe meglio cominciare anche prima – avverte – per non dover tagliare pesantemente nei mesi più freddi. Quest’inverno non avremo ancora i due nuovi rigassificatori di Piombino e Ravenna, se va bene arriveranno a maggio».
Non è stato dunque sufficiente l’aumento delle importazioni extra-russe, pari a “circa 17 miliardi di metri cubi in più“, che non sostituiscono quei “29 miliardi che compravamo da Mosca“. Al primo settembre gli stoccaggi di gas in Italia erano all’82,56%, pari a quasi 15 miliardi di metri cubi. Bisogna però tenere conto che “la domanda di gas in inverno può arrivare a 400 milioni di metri cubi al giorno, quattro volte la domanda estiva“, prosegue Tabarelli. Di questi 400 dunque, “200 milioni vengono forniti dalle scorte che si sono fatte in estate, gli altri 200 dalla rete” di gasdotti e rigassificatori.
Per riassumere la situazione: «la Russia d’inverno ci dava 90 milioni di metri cubi al giorno”, prosegue il presidente di Nomisma Energia. “Se non ce li dà più, e non abbiamo abbastanza fonti alternative, siamo costretti ad attingere di più dalle riserve. Ma non possiamo prelevarne troppe, perché la rete deve rimanere in pressione, come un palloncino. Quindi, siamo costretti a ridurre i consumi: energia, produzione industriale, riscaldamento».
Non è quindi una minaccia vuota quella di Gazprom che preannuncia un inverno al freddo per l’Europa in caso di chiusura dei rubinetti, dato che “la Russia forniva il 40% del gas alla Ue. È una percentuale che non è sostituibile in meno di tre anni“.
Un progetto a lungo termine che il ministro alla Transizione ecologica Cingolani preconizza per la seconda metà del 2024, quando l’Italia avrà completamente sostituito il gas russo, arrivando a ridurre notevolmente la sua dipendenza già a partire dalla metà del 2023.
Lo scenario di un prolungato stop al gas russo, secondo Confindustria, si tradurrebbe in uno “shock su volumi e prezzi con un impatto pesante” sulla nostra economia, e un impatto negativo pari a -1% del Pil fra la primavera del 2022 e l’inverno del 2023, con picchi fino al -2,2% in caso di ulteriori rincari energetici.