
Il futuro dell’azienda è stato messo in dubbio da una comunicazione della proprietà, che il 26 gennaio ha adombrato “soluzioni alternative” all’impianto di Longarone
Hanno sfilato in 2.000 stamani a Longarone (Belluno), tra cittadini, lavoratori e autorità, uniti per difendere lo storico stabilimento della Safilo, il cui futuro è stato messo in dubbio da una comunicazione della proprietà, che il 26 gennaio ha adombrato “soluzioni alternative” all’impianto.
La manifestazione, che ha bloccato il traffico lungo la statale Alemagna, era stata proclamata assieme allo sciopero di otto ore dei 472 lavoratori di Sàfilo Longarone, e allo stato di agitazione anche alla sede centrale di Padova e all’impianto di Santa Maria di Sala (Venezia).
Al corteo, appoggiato dal Comitato di sorveglianza socio-istituzionale nato una settimana fa per monitorare da vicino la crisi, insieme all’Unità di crisi della Regione Veneto, hanno partecipato diversi sindaci bellunesi, politici regionali e anche il vescovo di Belluno-Feltre, monsignor Renato Marangoni. Assente, ma solo per impegni istituzionali, il coordinatore veneto di Fdi e sindaco di Calalzo di Cadore, Luca De Carlo, che ha mandato un messaggio di sostegno.
Per il sindaco di Longarone e presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin, “l’unione tra enti locali, sindaci, Diocesi, sindacati e lavoratori sarà lo strumento con cui porteremo avanti una battaglia congiunta per salvare lo stabilimento”.
Padrin ha annunciato la presenza di una delegazione Safilo anche a Sanremo, dove è presente uno stand promozionale della Regione Veneto.
Per il 22 febbraio è intanto convocato in Regione il tavolo tecnico, per un primo confronto in cui l’azienda sarà chiamata a presentare la situazione e prospettare uno studio sulle possibili soluzioni.
C’è un’ipotesi di cessione dello stabilimento a società dell’occhialeria dell’area, su cui lavorerebbero advisor nominati dalla stessa Sàfilo; circola il nome di Thèlios, controllata da Lvmh con stabilimento di produzione a poca distanza.
Sàfilo era già stata interessata da una forte riduzione del personale, 400 unità su quasi 900 addetti, in seguito al piano di ristrutturazione presentato nel 2019, e che si era conclusa a marzo attraverso incentivi all’esodo volontario.