
Il Tribunale amministrativo del Lazio si è pronunciato sul ricorso della catena di supermercati sulla multa dell’Antitrust
Nessuna illegittimità nel provvedimento con il quale a fine 2019 l’Antitrust sanzionò Lidl Italia con un milione di euro per pratica commerciale scorretta con riferimento alle informazioni circa l’origine del grano duro utilizzato nella produzione di pasta di semola di grano duro diffusa attraverso le etichette e il sito aziendale.
L’ha deciso il Tar del Lazio con sentenza. Gli accertamenti dell’Autorità ebbero ad oggetto le confezioni di pasta alimentare secca a marchio “Italiano” e “Combino”, le quali avrebbero riportato “elementi evocativi di italianità senza che fosse evidenziata con pari evidenza grafica la provenienza non interamente italiana del grano duro dal quale si ricavava la semola poi trasformata in pasta alimentare”; elementi che “erano stati ritenuti potenzialmente idonei ad ingenerare nei consumatori l’equivoco che l’intera filiera produttiva della pasta, a partire dalla materia prima, fosse italiana, mentre tale qualificazione riguardava esclusivamente la localizzazione dei processi produttivi”.
Respinte preliminarmente tutte le censure di tipo procedurale, il Tar ha ritenuto che “il provvedimento ha chiarito che, al di là della mera osservanza delle norme sull’etichettatura, a fronte della scelta del professionista di esaltare l’italianità del prodotto si rendeva necessario per il professionista controbilanciare tale enfasi con una più evidente e contestuale indicazione dell’origine del grano duro in etichetta. Ciò al fine di evitare che il consumatore fosse immediatamente e più incisivamente colpito dai claim di italianità e dunque portato a credere che la pasta di semola di grano duro era prodotta con grano duro esclusivamente italiano”.
Da ciò il fatto che “risulta corretta la valutazione operata dall’Autorità circa l’ingannevolezza delle complessive modalità di presentazione delle confezioni di pasta a marchio ‘Italiamo’ e ‘Combino’, in quanto caratterizzate da una enfatizzazione dei vanti di italianità di un prodotto notoriamente italiano e dalla non immediata percepibilità delle informazioni sull’origine del grano duro (a causa del loro posizionamento al di fuori del campo visivo principale) e, come tali, idonee a ingenerare nei consumatori l’equivoco che l’intera filiera produttiva della pasta, a partire dalla materia prima, fosse italiana, mentre tale qualificazione riguardava esclusivamente la trasformazione del prodotto e la produzione dei vari formati di pasta”.