Secondo l’associazione di ristoratori, quello del delivery è un mercato “molto complicato” per i ristoratori. Ma ancora di più per i rider
Il food delivery nel 2022 ha fatturato 2,8 miliardi di euro nel nostro Paese (in base al Rapporto Ristorazione di Fipe) e corrisponde a circa 4% del volume di affari complessivo dei servizi di ristorazione. A fare il punto con l’Adnkronos su questo settore che ha visto un vero e proprio boom durante il covid è Fipe-Confcommercio a pochi giorni dall’annuncio da parte di Uber Eats di lasciare il mercato italiano.
Dei 2,8 miliardi di euro, secondo una stima di Fipe circa 1 miliardo si svolge attraverso l’online con le grandi piattaforme internazionali come Deliveroo, Glovo, Just Eat che si contendono il mercato anche in Italia. Mentre la fetta più grande di 1,8 mld è rappresentata ancora oggi dall’off line, un servizio che esiste da sempre ed è la consegna a domicilio attraverso il personale dell’attività fino a un certo raggio di chilometri.
Quanto alle modalità di servizio “l’off line è un po’ arretrato perché è quello che aveva preso più piede durante la pandemia, una volta cessata l’emergenza sanitaria molti hanno deciso di non proseguire” spiega all’Adnkronos Luciano Sbraga, direttore dell’Ufficio studi di Fipe Confcommercio. “Il food delivery online è molto più sviluppato nei grandi centri urbani anche perché – spiega – sono le stesse piattaforme che sviluppano maggiormente il business nelle città dove ci sono più clienti, mentre soprattutto al Sud, funziona di più l’off line”.
Un mercato “molto complicato” per chi usufruisce di questi servizi come “i ristoranti e le pizzerie (anche a taglio), una platea di circa 25-30 mila esercizi, circa il 15% del totale dei 150mila esercizi in tutta Italia che pagano molto elevate commissioni ai grandi player del settore tra il 30 e il 35%”.
Il business del food delivery “non è sostenibile da un punto di vista economico servirebbe una compartecipazione significativa del cliente che riceve un servizio a casa – afferma Sbraga – ne andrebbe rivisto il modello anche perché il suo funzionamento è poco trasparente”. In che senso? “Nel senso che le informazioni sui clienti non vengono condivise ai ristoratori ed inoltre, cosa ancora più grave, – sottolinea – non si conosce come funziona l’algoritmo che indicizza la graduatoria dei vari locali che vengono scelti nelle app, da parte delle piattaforme internazionali come Deliveroo, Glovo, Just Eat che si contendono il mercato anche in Italia”.
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“Con l’annuncio della chiusura di Uber Eats, il 15 luglio arriva l’ennesimo e finale colpo ai diritti e alla dignità dei lavoratori rider. È bastata un’email con un preavviso neanche di un mese per licenziare in tronco migliaia di rider sparsi per l’Italia (nel 2020 erano stimati 8500 i rider di Uber Eats)“. Così in una nota lo Slang Usb, il sindacato dei lavoratori di nuova generazione, che annuncia assemblee pubbliche a Milano e Torino. “Rivendichiamo il riconoscimento del lavoro subordinato con tutto quello che ne consegue nel caso di licenziamento: cassa integrazione, tfr, Naspi. Per questo – conclude la sigla – invitiamo i rider di tutte le piattaforme a partecipare alle assemblee pubbliche del 21 giugno a Milano alle ore 15:30 al Circolo di Unità Proletaria in viale Monza 140 e del 22 giugno a Torino alle ore 16.30 presso la Tettoia dell’orologio di Porta Palazzo”.
(foto SHUTTERSTOCK)