Il rientro dalla pausa estiva non regala slanci all’economia del Continente e a certificarlo saranno l’11 settembre le nuove previsioni della Commissione europea
L’Eurozona torna a rallentare. E i “rischi al ribasso” – alta inflazione, debolezza della Cina e guerra in Ucraina in testa – continuano a offuscarne un futuro già da tempo in equilibrio precario tra stagnazione e crescita flebile.
Come spiega l’Ansa, il rientro dalla pausa estiva non regala slanci all’economia del Continente e a certificarlo saranno l’11 settembre le nuove previsioni della Commissione europea. Che, impegnata nelle ultime limature, si appresta a rivedere il cauto +1,1% prefigurato a giugno per l’intero 2023 (+1% per i Ventisette), ritoccandolo al ribasso di un paio di punti decimali.
Una correzione che potrebbe avere un effetto domino sull’imminente nuova decisione della Bce sul rialzo dei tassi di interesse. E ricadute anche per l’Italia, con il governo impegnato nel complicato esercizio della stesura della manovra e nella sua campagna per strappare la ‘golden rule’ per gli investimenti verdi nella combattuta riforma del Patto di stabilità Ue.
Nell’aria già da settimane – con un insolito rinvio a settembre delle stime estive Ue -, l’inversione di tendenza dell’economia è stata corroborata dagli ultimi dati diffusi da Eurostat sul secondo trimestre: il Pil non è andato oltre allo 0,1%, con un netto segno meno per Roma (-0,4%) e una stagnazione ormai permanente per Berlino.
Numeri che non lasciano spazio all’ottimismo: l’Europa arranca e il contesto – con le sole eccezioni positive della tenuta del mercato del lavoro e dell’asticella degli stock di gas proiettata già oltre il 90% -, nelle parole del vicepresidente Ue Valdis Dombrovskis, continua a mostrarsi “critico”. Costringendo Palazzo Berlaymont a limare in difetto gli indicatori presentati a giugno.
Non un taglio ingente, ma sufficiente a mettere in luce tutta la fragilità della ripresa economica continentale, con l’Italia che dal +1,2% pronosticato a giugno per il 2023 potrebbe scendere sotto l’1%.
A pesare per tutti i Ventisette è soprattutto l’inflazione che, pur in decrescita, resta intorno al 5% anche quando svuotata dei prezzi dell’energia, ben lontana da quel 2% obiettivo maestro di Francoforte. E a rendere le acque ancora più agitate ci sono le circostanze geopolitiche, il rallentamento di Pechino – vero grattacapo per l’economia tedesca -, e la crisi energetica non ancora archiviata. Un’incertezza che lascia debole, almeno fino al 2024, il polso dell’Europa. E che potrebbe avere un impatto tangibile anche sulla decisione della Bce. Con il board guidato da Christine Lagarde che giovedì 14 non potrà non tenere conto anche degli indice Pmi in ribasso e del rallentamento dei crediti alle imprese.
Nel board ci sono le consuete divisioni se prendere o meno una pausa dalla serie di rialzi dei tassi e da molte forze politiche nel Continente si chiede a Francoforte di fermarsi ma la Lagarde ha ribadito che ogni decisione verrà presa sulla base dei dati.
A muovere la prima tessera del domino sarà comunque dal podio di Palazzo Berlaymont il commissario responsabile Paolo Gentiloni. E, dopo le polemiche piovutegli addosso negli ultimi giorni, le previsioni che svelerà per l’Italia e la Germania si riveleranno decisive.
Poche ore dopo, le due capofila dell’irriducibile scontro tra ‘colombe’ e ‘falchi’ sul Patto di stabilità si ritroveranno faccia a faccia con i ministri Giancarlo Giorgetti e Christian Lindner al tavolo dell’Eurogruppo e dell’Ecofin informali di Santiago di Compostela. Anche dai nuovi indicatori dell’economia reale passerà la strada per la flessibilità del debito.
(foto ANSA)