Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione mostrano che gli hedge fund e altri gestori finanziari hanno pesantemente tagliato le loro posizioni rialziste, prima della guerra
L’Opec che, nel suo ultimo bollettino, sostiene come “nonostante fondamentali di mercato sani e favorevoli”, i prezzi del petrolio hanno registrato una tendenza al ribasso negli ultimi tempi, «spinti principalmente dagli speculatori dei mercati finanziari, che hanno ridotto drasticamente le loro posizioni lunghe nette nel m mostrano che gli hedge fund e altri gestori finanziari hanno pesantemente tagliato le loro posizioni rialzisteese di ottobre, rispetto alla fine di settembre, soprattutto sul Wti americano».
I dati citati dall’organizzazione dei Paesi esportatori di greggio, e riportati dall’agenzia Gea, «mostrano che gli hedge fund e altri gestori finanziari hanno pesantemente tagliato le loro posizioni rialziste nel corso del mese di ottobre – poco prima dell’attacco di Hamas a Israele – vendendo un equivalente di 161 e 43 milioni di barili di contratti futures e opzioni su Wti e Brent, rispettivamente. In totale, hanno venduto l’equivalente di oltre 200 milioni di barili di petrolio dalla fine di settembre, ovvero circa il 37% delle posizioni rialziste totali. Ciò ha alimentato la volatilità del mercato e accelerato il calo dei prezzi».
«L’ondata di vendite a ottobre – sottolinea sempre l’Opec – ha toccato «anche le posizioni speculative sui prodotti petroliferi, in particolare sul gasolio in Europa”. Nello speficifo le posizioni rialziste sul diesel “sono diminuite di un equivalente di circa 28 milioni di barili dalla fine di settembre». Movimento che ha visto calare il prezzo del diesel in Italia da 1,932 euro al litro a 1,847, valore che domani l’osservatorio Mase abbasserà ulteriormente. Più forte il calo delle quotazioni della benzina: da 2 euro al litro del 25 settembre siamo scesi a 1,85 euro al litro.
A scatenare le vendite a fine settembre era stato il rapporto dell’Eia, l’Energy Information Administration statunitense, che aveva comunicato un calo del consumo di carburante, probabilmente come legittima difesa da parte di automobilisti e imprese ai rincari.
I dati preliminari – evidenzia l’Opec nel suo bollettino mensile – mostrano infatti che le importazioni di greggio degli Stati Uniti sono diminuite di circa il 10%, su base mensile, a ottobre, attestandosi al livello più basso da dicembre 2022, mentre le esportazioni americane sono aumentate a 4,6 milioni di barile/giorno (mb/g), il massimo da marzo 2023. Non è stata però l’Europa ad acquistare, dato che le importazioni di greggio dell’Europa Ocse rimangono relativamente stabili all’inizio del terzo trimestre del 23, mentre si prevede che le importazioni di prodotti tenderanno al ribasso.
Ciò nonostante, le previsioni di crescita della domanda mondiale di petrolio per il 2023 sono riviste marginalmente al rialzo dall’Opec, rispetto alla valutazione del mese precedente, a 2,5 mb/g. Per questo il club dei Paesi esportatori di greggio sottolinea che, “nonostante l’esagerato sentiment negativo nel mercato riguardo all’andamento della domanda petrolifera cinese, e al mercato petrolifero globale in generale, gli ultimi dati mostrano che le importazioni cinesi di greggio sono aumentate a 11,4 mb/g in ottobre, e restano sulla buona strada per raggiungere un nuovo livello annuale.
In effetti – prosegue l‘Opec – le importazioni cinesi di greggio sono rimaste molto solide, a un livello record ben al di sopra della media degli ultimi cinque anni, in aumento di circa 240 tb/g, mese su mese, con le importazioni di greggio su base annua pari a 1,2 mb/g superiore. Allo stesso modo, si prevede che anche le importazioni di greggio dell’India aumenteranno nel quarto trimestre, raggiungendo un livello record quest’anno.
La domanda globale dunque c’è e l’offerta resta inferiore al necessario per i tagli produttivi decisi da Arabia Saudita e Russia. Tuttavia i prezzi, rianimatisi oggi proprio col bollettino Opec col Wti e il Brent in rialzo abbondantemente di un punto percentuale rispettivamente a 78,1 e 82,5 dollari al barile, viaggiano comunque sui minimi da oltre due mesi.
Le mosse di Riad e Mosca «contribuiranno in modo significativo a raggiungere e sostenere la stabilità del mercato petrolifero globale“, sostengono i Paesi petrolieri in una battaglia continua con la finanza mondiale.
(foto ANSA)