Sono tante le novità che hanno riguardato il mondo delle criptovalute ed in particolare il suo protagonista più famoso, il Bitcoin. Ma quali sono le prospettive su un asset che sta diventando sempre più familiare anche per gli investitori retail? Quali sono e dinamiche che ne regolano l’andamento? Lo abbiamo chiesto a Gianluigi Guida CEO Binance Italia, filiale del principale ecosistema blockchain e fornitore di infrastrutture per criptovalute del mondo.
Il Bitcoin è stato protagonista di un rally che lo ha portato martedì a raggiungere il massico storico. Quai sono le motivazioni alla base?
«Le motivazioni possono essere diverse e non è sempre facile individuarle. Si può senza dubbio partire evidenziando che le fondamenta del record di martedì sono differenti rispetto a quelle del 2021 quando si raggiunse il massimo precedente. Si può dire che in quell’occasione l’aumento del prezzo era dovuto maggiormente ad un investimento da parte di investitori retail. Inoltre c’era anche un ambiente caratterizzato da bassi tassi di interesse, fattori che sono profondamente differenti rispetto ai fattori che oggi stanno spingendo il valore verso l’alto. Oggi si nota un interesse maggiore da parte degli investitori tradizionali. Questo è dovuto anche alla recente approvazione degli Etf da parte della SEC statunitense, uno strumento che ha permesso il collegamento tra finanza tradizionale e finanza innovativa, rappresentando perciò una sorta di anello di congiunzione tra i due. Tra l’altro non tutti gli investitori istituzionali sono ancora all’opera con gli Etf e per questo motivo è facile aspettarsi che possa essere utilizzato, in futuro, ancora di più. Ci possono, però essere anche altri fattori, uno di questi è l’halving in arrivo. Storicamente sappiamo che l’halving ha determinato dei cambi radicali nei valori delle cripto e del mercato. Perciò è facile aspettarsi che anche in questo caso avrà un impatto positivo come in passato. Non dobbiamo dimenticare anche l’incertezza macroeconomica che caratterizza questo periodo e che potrebbe spingere gli investitori a rifugiarsi asset alternativi, anche per combattere l’inflazione. In genere c’è un interesse maggiore da parte delle istituzioni che vanno poi a legittimare degli asset che fino a poco tempo fa erano ad appannaggio di persone ed operatori molto più esperte e, purtroppo, a volte anche demonizzati».
Dopo il rally c’è stato invece il crollo. Ed anche ora la criptovaluta più importante al mondo è protagonista di una estrema volatilità. Come mai?
«Non c’è da meravigliarsi. Succede con ogni asset. Si tratta di correzioni fisiologiche del mercato. Parlare di crollo è inappropriato visto che in un anno il Bitcoin ha registrato un aumento del 200% circa e un calo dell’8% per qualche ora è del tutto normale. Ci si deve sempre focalizzare sempre sul lungo termine. Non dobbiamo dimenticare che l’asset in questione è il Bitcoin che negli ultimi 10 anni ha avuto delle performance notevoli e diverse correzioni di prezzo. Un andamento che è normale nel settore finanziario in genere».
Guardando invece, al futuro, è possibile fare delle previsioni per il settore delle criptovalute?
«Difficile senza dubbio fare delle previsioni, visto che nessuno di noi ha la classica sfera di cristallo. Però possiamo ragionare sui presupposti attuali. Rispetto a qualche anno fa, quando il settore era caratterizzato da molta incertezza e non si riusciva a capire bene nemmeno questa tecnologia cosa fosse. Dobbiamo infatti specificare che le cripto sono in realtà la manifestazione di una specifica tecnologia e cioè la blockchain. Allora era riservata a pochissime persone pur non essendo di per sé qualcosa di particolarmente complesso. Oggi i presupposti sono diversi proprio per la maggiore attenzione da parte di istituzioni e pubbliche autorità e questo aiuta a dare fiducia e a legittimare questo strumento e gli asset che lo caratterizzano. Un altro presupposto è anche il regolamento Mica che stabilisce le norme che permettono di offrire ed emettere il token. Il consumatore è perciò molto più sereno sapendo che chi gli sta offrendo un asset è una società regolamentata e riconosciuta da uno stato. Tutto questo permette, aumentando la fiducia, un maggior apporto di capitali. Anche la tecnologia sta migliorando, esistono le layer2 che utilizzano meno energia rispetto a layer più datate, oppure la differenza tra proof of work e proof of stake. Insomma ci sono molti presupposti positivi».
Investire in criptovalute è ancora un azzardo oppure sono diventate strumenti finanziari a tutti gli effetti?
«Dal mio punto di vista, investire, se fatto senza consapevolezza, studi o ricerche è un azzardo non solo nella finanza innovativa ma anche in quella tradizionale. Ad oggi abbiamo assistito ad un’evoluzione. Le cripto di 5 o 6 anni fa sono diverse rispetto a quelle di oggi. Ma anche le società che le offrono sono diverse. Pensiamo all’Italia, ad esempio: per poter offrire questi servizi si deve essere registrati all’OAM (Registro Operatori Valute Virtuali) si è sottoposti a normative antiriciclaggio etc. L’importante è studiare, formarsi, cercare fonti affidabili per le informazioni, non credere ai “guru” e non investire mai più di quanto si è disposti a rischiare. Importante anche affidarsi a piattaforme che siano sicure, trasparenti e che offrano misure di sicurezza, che abbiano una storia dietro. Importante è anche stare attenti alle truffe e al furto di dati di accesso. Mai essere impulsivi dal momento che l’impulsività può spingere a scelte sbagliate. Meglio affidarsi alla ricerca ed allo studio facendosi guidare dal buon senso perché alla fine investiamo i nostri risparmi».
Quali sono i consigli utili per chi si affaccia per la prima volta in questo settore?
«Un consiglio, oltre quanto già detto, potrebbe essere quello di affidarsi ad un “proverbio” inglese che alla fine si risolve in un acronimo DYOR, Do Your Own Research, ossia “Fai la tua ricerca”. Cosa significa? Che bisogna studiare perché, ripeto, non è un gioco e non sono scommesse se fatte in un determinato modo».
Da questo punto di vista, conclude Guida, non c’è alcuna differenza con il mercato tradizionale.