Pagine e pagine di analisi di economisti e non solo a spiegare come tutti i settori commerciali e dei trasporti stiano soffrendo quella che ormai tutti stiamo chiamando la crisi del Mar Rosso, come un mantra la citiamo per giustificare la qualsiasi. Ogni risultato, bilancio o utile netto che non va richiamiamo alla penna la crisi del Mar Rosso e tutto quello che sta comportando.
Oggi la Cgia, ci spiega che forse ci stiamo allarmando troppo, pur mantenendo la preoccupazione per gli sviluppi futuri del protrarsi della situazione e con i dovuti rischi sull’import italiano.
«Fino ad ora, i venti di guerra che soffiano in Medio Oriente non hanno ancora prodotto effetti particolarmente gravi per i nostri scambi commerciali. Tra i primi due mesi del 2023 e lo stesso periodo di quest’anno, infatti, il numero di navi mercantili, cargo e cisterna, in arrivo nei porti italiani è diminuito di 169 unità pari a -3,6 per cento del totale arrivi». Lo rileva l’Ufficio Studi della Cgia.
«Insomma – prosegue – la guerra tra Israele e Hamas e gli effetti che la stessa sta provocando nella regione del Mar Rosso non si sono ancora fatti sentire in misura importante. Certo, il crollo dei passaggi delle navi mercantili nei primi due mesi del 2024 negli stretti di Bab el-Mandeb Strait1 -50,5 per cento e nel Canale di Suez -39,3 per cento è stato significativo; conseguentemente, i transiti lungo il capo di Buona Speranza hanno subito un’impennata dell’84,5 per cento».
Secondo la Cgia: «questo vuol dire che, almeno fino adesso, le navi mercantili provenienti dal Sud Est Asiatico sono approdate quasi tutte nel Mediterraneo e successivamente nei nostri porti. Ovviamente i tempi di percorrenza si sono allungati, provocando un deciso aumento del costo dei noli. Per un container di 40 piedi che a metà gennaio ha percorso la rotta Cina-Asia Orientale è arrivato fino al Mediterraneo, il prezzo ha toccato il picco di 6.673 dollari. Nulla a che vedere, comunque, con le tariffe che venivano praticate nell’estate del 2021, quando si aggiravano attorno ai 12.000 dollari».
«Se la situazione nell’area Mediorientale dovesse precipitare ulteriormente, l’impatto negativo si potrebbe far sentire maggiormente sulle importazioni di merci. A livello regionale, Lombardia e Veneto sono le realtà che potrebbero essere le più a rischio: se la prima cuba nei paesi interessati 30,4 miliardi di importazioni, la seconda quasi 17. Di seguito l’Emilia Romagna con 9,3 miliardi e il Lazio con 7,4 miliardi».
Sul fronte delle esportazioni, invece, la più in pericolo rimane ancora una volta la Lombardia che registra 12,5 miliardi di vendite in queste aree. Seguono l’Emilia Romagna con 8,7 e il Veneto con 5,7 miliardi di euro. Va altresì sottolineato che il valore dell’import influenzato dalla crisi del Mar Rosso si sta riducendo rispetto al 2022 (da 110 miliardi di euro si è passati ai 95 stimati per il 2023), per effetto della discesa dei prezzi delle importazioni, in particolare dei prodotti energetici. Se, invece, le tensioni in quella regione dovessero proseguire, non è da escludere una nuova impennata dei prezzi sia del greggio che del gas naturale.