Si continua a parlare della privatizzazione di Poste Italiane e lo fa il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in Senato, rispondendo alle domande in sede di audizione. Risponde anche l’amministratore delegato di Poste Matteo Del Fante, che entra nel merito dello statuto dell’azienda.
«Le risorse che potranno essere ottenute dalla realizzazione dell’operazione dipenderanno dall’ammontare della quota che sarà collocata sul mercato. Laddove si procedesse alla cessione dell’intera partecipazione direttamente detenuta dal Mef, ferme rimanendo le valutazioni che potranno essere effettuate in merito al mantenimento della partecipazione pubblica maggioritaria nel capitale, il controvalore desunto sulla base dei più recenti dati di mercato disponibili potrebbe ammontare a circa 4,4 miliardi».
Lo ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in audizione sull’alienazione di una quota di Poste.
«L’operazione di dismissione rappresentata nel Dpcm attualmente all’esame del Parlamento – ha aggiunto – deve essere considerata una cornice che individua un valore minimo della partecipazione dello Stato, che potrà essere raggiunto progressivamente e in più fasi, in modo da salvaguardare il controllo strategico pubblico su questo asset».
«Poste Italiane ha uno statuto che prevede che ci sono 9 consiglieri, il primo azionista ne sceglie 6 e indica chi sarà presidente e chi l’amministratore delegato. Quindi che lo Stato venda un’azione, ne ricompri 10 o ne venda 30 non cambia niente – afferma Matteo Del Fante, Ad di Poste Italiane, rispondendo a una domanda in audizione al Senato riguardo alla vendita sul mercato di ulteriori quote di Poste – Il controllore dall’azienda – sottolinea – rimane lo Stato, lo statuto è quello: dei 9 consiglieri, 6 consiglieri vengono nominati dallo Stato, chiaramente c’è il tema su quei 6 se ci metti 6 persone giuste o no, ma questo vale sia che lo Stato sia proprietario del 90, del 70 o del 50 per cento», ha esemplificato Del Fante.