Durante il suo intervento previsto per la seconda giornata del Festival dell’Economia di Trento, la premier Giorgia Meloni ha dichiarato «Quando siamo arrivati al governo i lavoratori che attendevano il rinnovo del contratto erano il 54% oggi sono il 35%» ricordando tra i provvedimenti del governo, «l’abolizione del reddito di cittadinanza per chi poteva lavorare. Si era detto che ci sarebbe stata una rivoluzione e non c’è stata, buona parte degli ex percettori hanno banalmente trovato lavoro e penso che oggi siano più contenti».
Tra le parole spese, anche alcune osservazioni per il Fisco «Vogliamo un rapporto diverso con i contribuenti. Il Fisco deve saper essere comprensivo con i cittadini in difficoltà, ogni singola storia è diversa. Se tu dimostri di volermi fregare allora intervengo».
Non è stato dimenticato nemmeno il caso redditometro, in questi giorni sotto i riflettori «Nel nostro ordinamento finanziario esiste l’accertamento sintetico che consente all’amministrazione finanziaria di fare accertamenti sulla base di eventuali discrepanze tra il tenore di vita e il reddito. Questa norma ha bisogno di decreti di applicazione». «Oggi l’Autorità può muoversi nell’ambito dell’accertamento sintetico con eccessiva discrezionalità. Da questo parte lavoro di Leo, occorre fare una norma a garanzia dei contribuenti che non dia poteri illimitati all’amministrazione». «Ho sospeso la norma perché la voglio vedere meglio. Voglio vedere meglio quello che dobbiamo fare sull’accertamento sintetico: una cosa è colpire i casi intollerabili, gente che gira col Ferrari e si dichiara nullatenente, un’altra cosa è inserire nell’ordinamento un’altra norma che vessa cittadino» ricordando che «il 2023 è stato anno record nella lotta all’evasione».
Impossibile, poi, non parlare del Superbonus. «Io non ho bisogno di fare cassa sul Superbonus, ma di limitare l’emorragia perché i nostri conti non la reggono e non produce quanto promesso, a livello di Pil» ricordando che «quando si viaggia a costi di 220 miliardi di euro, come il Pnrr, per ristrutturare il 4% degli immobili, una stretta la devi mettere altrimenti rischi di andare fuori controllo».
Esclusa, poi, la privatizzazione di Poste Italiane. «Non è stata presa ancora alcuna decisione sulla possibilità di vendere quote delle Poste, dobbiamo essere fieri di Poste, un’azienda che coniuga servizio pubblico, innovazione e competitività» «si può ragionare, essendo la partecipazione dello Stato del 65% e dando per scontato che lo Stato deve mantenere non il controllo ma la proprietà, e serve il 50%, che per le quote in eccedenza ci sia una possibilità di mettere sul mercato»