Se il Mezzogiorno è l’area geografica d’Italia più a rischio usura, i proventi di queste attività illegali vengono sempre più reinvestiti al Nord.
Negli ultimi tempi, infatti, le indagini effettuate dalla Direzione Investigativa Antimafia dimostrano come il denaro contante proveniente dalle attività criminali primarie, come l’usura, venga reimpiegato con sempre maggiore frequenza in determinate aree dell’Italia, soprattutto settentrionale (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Toscana, ecc.).
Un fattore da non sottovalutare, è che chi finisce nella black list della Centrale dei Rischi difficilmente può beneficiare di alcun aiuto economico dal sistema bancario, rischiando, molto più degli altri, di chiudere o, peggio ancora, di scivolare tra le braccia degli usurai.
Per evitare che questa criticità si diffonda, la CGIA continua a chiedere il potenziamento delle risorse a disposizione del «Fondo di prevenzione dell’usura. Strumento, quest’ultimo, in grado di costituire l’unico valido aiuto a chi si trova in questa situazione di vulnerabilità – afferma Paolo Zabeo – È bene ricordare che gli imprenditori che vengono segnalati alla Centrale Rischi della Banca d’Italia non sempre lo devono a una cattiva gestione finanziaria della propria azienda».
Nella maggioranza dei casi, infatti, questa situazione si verifica a seguito dell’impossibilità da parte di molti piccoli imprenditori di riscuotere con regolarità i pagamenti dei propri committenti o per essere caduti in un fallimento che ha coinvolto proprio questi ultimi.