ANMIL (Associazione fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro) non li chiama incidenti, ma infortuni sul lavoro, sottolineando l’approccio volutamente distaccato da ciò che richiama, anche nei termini, eventi negativi più dovuti al fato avverso, definendoli incidenti, piuttosto che in riferimento ad un contesto di insicurezza sul luogo di lavoro per fattori variabili.
Da qui l’ANMIL, che da oltre 80 anni si impegna in prima linea per una sempre maggiore sicurezza in ambito lavorativo ed è volta a tutelare le vittime di infortuni sul lavoro, dei lavoratori che contraggono malattie professionali e dei superstiti, sottolinea l’urgenza di fermare questa inarrestabile strage sul lavoro. Ad oggi l’ANMIL conta circa 250.000 iscritti e rappresenta una categoria composta da quasi 700.000 titolari di rendita INAIL, tra infortunati sul lavoro, vedove ed orfani di caduti sul lavoro.
Nei nostri studi il presidente dell’Associazione Emidio Deandri, intervistato dal nostro direttore editoriale Matteo Vallero, ha snocciolato i numeri delle vittime e parlato di proposte concrete.
I dati su morti e infortuni sul lavoro sono impietosi. Qual è la vostra fotografia?
«Per disporre di un quadro più corretto e significativo dell’attuale situazione infortunistica del Paese è necessario analizzarne l’andamento nel corso almeno dell’ultimo quinquennio (2019-2023) che in questi anni ha seguito un percorso tutt’altro che lineare. L’anno 2019 si era mantenuto sostanzialmente in linea con gli anni precedenti con 645.000 infortuni denunciati e 1.239 casi mortali. Passata la tempesta della pandemia da Covid, che ha sconvolto l’andamento infortunistico del biennio 2020-2021, si registra una netta ripresa nel 2022, anno in cui vi sono state oltre 700.000 denunce di infortunio e 1.268 casi mortali. Nel 2023 si assiste invece ad un calo molto vistoso sia delle denunce di infortunio (circa 590.000 pari a -16,1%) che dei morti sul lavoro (1.147 pari a -9,5%). Ma, dopo questo incoraggiante calo del 2023, i dati provvisori ed ufficiosi relativi ai primi nove mesi del 2024 fanno registrare un aumento dello 0,5% delle denunce ed uno ancora più rilevante (+2,0%) per gli infortuni mortali, rispetto allo stesso periodo del 2023. L’unica cosa certa, comunque, è che si tratta, purtroppo, di numeri ancora troppo elevati e che serve l’impegno di tutti per avviare azioni concrete ed efficaci per abbatterli».
Possiamo definire il fenomeno di sicurezza del lavoro anche in base a un confronto tra Italia e il resto d’Europa?
«EUROSTAT (Istituto di Statistica dell’Unione Europea) pubblica ogni anno i dati su infortunati e morti sul lavoro forniti dai Paesi membri. Il tasso standardizzato di incidenza infortunistica 2021 dell’Italia risulta pari 1.245 infortuni indennizzati per 100.000 occupati, nettamente inferiore a quello medio dell’U.E. (1.624); mentre quello relativo agli infortuni mortali è pari a 3,17, nettamente superiore a quello medio dell’U.E. (2,23). Appare evidente pertanto come, nei confronti internazionali, il nostro Paese presenti grossi problemi nell’ambito della mortalità da lavoro: problemi che si trascinano ormai da decenni e che riguardano in particolare alcuni settori di attività molto pericolosi come le Costruzioni, i Trasporti e l’Agricoltura che insieme “producono” quasi il 50% dei morti che si verificano ogni anno in Italia. Questo ci costa tra il 3 ed il 6% del Pil. Pensiamo di diminuirne solo il 15% all’anno, probabilmente potremmo fare altro che manovra finanziaria».
L’intervista completa ad Emidio Deandri (presidente Anmil) è andata in onda sul canale 410 del digitale terrestre
Quali dei provvedimenti sul tavolo pensa possano arginare questa strage?
«Come categoria, abbiamo tante questioni aperte, ma oggi per ragioni di sintesi ne riporto solo un paio:
- Necessità di riformare un Testo Unico che risale al 1965 che appare oggi anacronistico e modellato su una società e su un mondo del lavoro profondamente cambiati.
- Scontiamo le difficoltà legate alla crisi del Sistema Sanitario Nazionale, accanto a quelle peculiari come la mancanza di personale medico INAIL che in questi giorni ci vede impegnati a chiedere un intervento normativo che riconosca l’equiparazione giuridica ed economica di quest’ultimo ai medici del Servizio Sanitario Nazionale, sia a tutela della loro professionalità che a garanzia di una presa in carico efficace degli assicurati su tutto il territorio nazionale
- È da sottolineare, infine, che ogni iniziativa normativa sul tema della sicurezza sul lavoro è sicuramente importante, perché la prevenzione è fatta di innumerevoli tasselli che devono poter funzionare come un ingranaggio. Tra questi vi è il rispetto delle norme che restano spesso inosservate. Eppure, come evidenziato nella precedente legislatura dalla Commissione di inchiesta sugli infortuni sul lavoro del Senato, gli infortuni sul lavoro procurano un danno economico quantificabile in più del 4% del PIL nazionale, mentre è stato calcolato che ogni euro speso in salute sicurezza sul lavoro genera un valore più che doppio
- Sta arrivando ad approvazione definitiva un disegno di legge, a prima firma del Presidente della Commissione Lavoro della Camera, On. Walter Rizzetto, che introduce nelle scuole, nell’ambito dell’educazione civica, l’insegnamento del diritto del lavoro e della sicurezza, anche attraverso l’apporto della testimonianza degli infortunati sul lavoro. Un disegno di legge che l’ANMIL ha da subito sostenuto, rappresentando alla Commissione anche la sua lunga esperienza nella sensibilizzazione di lavoratori e studenti grazie ai racconti dei nostri volontari. Un’attività di valore alla quale il disegno di legge ha dato un riconoscimento formale e importantissimo, che ci auguriamo possa presto tradursi in azioni concrete».
Qual è la vostra opinione e giudizio rispetto la patente a punti per le imprese?
«Come noto, la “Patente a punti” è uno strumento normativo molto innovativo, introdotto dal decreto legge PNRR ed entrato in vigore il 1° ottobre di quest’anno, che prevede un punteggio iniziale di 30 punti assegnati al datore di lavoro operante in cantieri fissi o mobili, con l’obbligo di possederne almeno 15 per poter continuare ad operare: sotto ai 15 punti, quindi, scatta il blocco delle attività. C’è da sottolineare, in particolare, che tra le 29 tipologie di infrazioni previste dal decreto, le più pesanti sono proprio quelle relative a infortuni occorsi a seguito di violazione delle norme antinfortunistiche. A nostro parere, riteniamo che si tratti di uno strumento molto importante ed efficace ai fini prevenzionistici, in quanto rappresenta un grosso deterrente che dovrebbe dare i suoi frutti in un settore che, nella graduatoria degli indici di frequenza infortunistica elaborati dai tecnici INAIL per tutti i settori di attività, detiene costantemente il triste primato sia per gli infortuni con esiti di inabilità permanente che per quelli con conseguenze mortali».
Quanto sono importanti le campagne di sensibilizzazione e a che livello incide la giusta formazione nella prevenzione degli infortuni sul lavoro?
«La sensibilizzazione e l’informazione hanno un ruolo decisivo, perché permettono di formare cittadini consapevoli dei rischi a cui vanno incontro. Comportamenti individuali improntati alla sicurezza e alla tutela di se stessi e degli altri sono indispensabili per dare concretezza alle norme. Come ANMIL riteniamo che si debba dare maggiore rilevanza alla diffusione della cultura della sicurezza, già a partire dalle scuole, anche attraverso metodi esperienziali come la testimonianza diretta delle vittime di infortuni e malattie professionali, che raccontando il proprio vissuto sono in grado di lasciare insegnamenti profondi e di grande impatto e stimolare una vera riflessione su questi temi. Conoscenza e consapevolezza sono essenziali per agire in sicurezza, nel lavoro come in ogni altro aspetto della vita. La fretta, la sottovalutazione del rischio, la convinzione di avere la ricetta basata sull’esperienza e di riuscire a fare bene anche senza rispettare le regole o, ancora, la certezza – del tutto infondata – che a noi non potrà mai capitare, sono le principali cause di tanti incidenti».
In generale che tipo di attività ANMIL sta mettendo in campo sul fronte sicurezza del lavoro presso le varie aziende italiane?
«L’ANMIL ha iniziato oltre 20 anni fa a portare le testimonianze dei suoi volontari nelle scuole e nelle aziende. Parliamo sicuramente di scuole e aziende virtuose che fanno della prevenzione una colonna portante della propria attività, andando anche oltre le prescrizioni obbligatorie di legge. Vogliamo però arrivare anche alle piccole imprese, far comprendere a tutti che investire in sicurezza è un vantaggio e non un onere».
In Italia ci sono oltre 4 milioni di imprese e la grande maggioranza di esse è composta da imprese piccole o piccolissime. Secondo il presidente dobbiamo far arrivare a tutte loro le positive esperienze che ognuno di noi sperimenta nel proprio settore, affinché le realtà più organizzate siano motore per un cambiamento che coinvolga tutti.