Nel 2025, i consumatori italiani si trovano a fronteggiare un aumento significativo dei prezzi della frutta fresca, con rincari che mettono a dura prova i bilanci familiari. Secondo i dati più recenti, i prezzi della frutta fresca o refrigerata hanno registrato un incremento del 4,8% rispetto all’anno precedente.
Il caso limite delle ciliegie
È una delle stagioni più nere a memoria d’uomo per la cerasicoltura pugliese. Le gelate improvvise che hanno colpito il sud-est barese tra marzo e aprile hanno messo in ginocchio i produttori locali, provocando danni gravissimi alle coltivazioni. La fioritura è stata letteralmente bruciata dal gelo fuori stagione, impedendo lo sviluppo dei frutti e compromettendo interi raccolti.
Secondo Coldiretti Puglia, le perdite di produzione oscillano tra il 70% e il 100%, con effetti devastanti soprattutto sulle varietà più pregiate, come la “Ferrovia”, fiore all’occhiello della tradizione agricola della regione. Nelle campagne tra Turi, Conversano e Putignano – cuore della cerasicoltura italiana – molti agricoltori non sono riusciti a raccogliere nemmeno un frutto. Tra le varietà più colpite figurano anche le precoci “Georgia” e “Bigarreau”, ma è la “Ferrovia” a pagare il prezzo più alto, sia in termini economici che simbolici.
Nonostante questo scenario critico, la Puglia resta la principale regione produttrice di ciliegie in Italia, con circa 18.000 ettari coltivati e oltre 17.000 solo nella provincia di Bari destinati al consumo fresco: un terzo dell’intera produzione nazionale. Ma quest’anno, sugli alberi, è rimasto ben poco da raccogliere.
Prezzi alle stelle e provenienza incerta
Se nei campi si piange, sui banchi dei mercati la situazione non è molto più rosea, almeno per i consumatori. Le poche ciliegie italiane disponibili hanno raggiunto prezzi record, arrivando in alcune catene della grande distribuzione a sfiorare i 23,3 euro al chilo. Ma spesso, denunciano le associazioni agricole, non è chiaro nemmeno da dove provengano. Coldiretti segnala infatti una preoccupante diffusione di ciliegie d’importazione – in particolare da Egitto, Tunisia e Marocco – spacciate per prodotto italiano, in assenza di adeguate indicazioni di origine in etichetta.
Una doppia beffa per i produttori locali: da un lato i raccolti distrutti, dall’altro la concorrenza sleale e la confusione sul mercato, che mina la fiducia del consumatore e deprezza il lavoro di chi produce in Italia.
Una filiera distorta
Oltre al danno climatico e alle speculazioni, emerge con forza un ulteriore problema strutturale: il divario crescente tra quanto incassa il produttore e il prezzo finale pagato dal consumatore. Una forbice che si allarga ogni anno di più e che denuncia, ancora una volta, le distorsioni di un sistema distributivo che penalizza chi lavora la terra.
Per questo Coldiretti ha chiesto il riconoscimento dello stato di calamità naturale per i territori colpiti e l’attivazione urgente di misure economiche straordinarie a sostegno degli agricoltori. In parallelo, l’organizzazione agricola sollecita controlli più stringenti sull’origine della frutta in vendita, anche attraverso l’intervento della polizia municipale, per contrastare frodi e pratiche scorrette.
La risposta della filiera corta
In questo contesto di emergenza, alcuni produttori stanno puntando sulla vendita diretta per salvare il salvabile. Banchi in azienda, mercati contadini e piattaforme digitali consentono ai consumatori di acquistare frutta locale tracciata, sostenendo direttamente chi produce. Un modo per garantire qualità e trasparenza, ma anche per difendere un patrimonio agricolo e culturale messo sempre più a rischio dal cambiamento climatico e da un mercato che, troppo spesso, dimentica la terra da cui nasce il prodotto.
Le condizioni meteorologiche avverse, come siccità e fenomeni estremi, hanno compromesso in generale la produzione agricola. Ad esempio, la campagna 2024/25 delle arance è stata caratterizzata da un’offerta limitata a causa della siccità e di eventi meteo sfavorevoli. Inoltre, l’inflazione ha colpito duramente il settore alimentare. Ad aprile 2025, si è attestata al 1,9%, ma il “carrello della spesa”, che include beni alimentari essenziali come frutta e verdura, ha registrato un aumento del 2,6%. Questo incremento è attribuibile anche all’aumento dei costi energetici e dei servizi di trasporto.
Come evidenziato, questo va a discapito del prodotto italiano rispetto a quello importato, non sempre in modo chiaro. Un’estate senza (tante) ciliegie è un’estate un po’ più triste, ma è fondamentale supportare i produttori nazionali, rappresentanti di una tradizione storica ma anche di innovazione nelle colture.
(foto ANSA)