Fortissime tensioni in Medio Oriente dopo l’attacco di Israele ai centri nucleari iraniani, tensioni che si sono abbattute, per ovvi motivi di fuso orario, per prime sull’Asia. La borsa di Tokyo, infatti, ha registrato pesanti passivi come anche i listini del resto del continente. Dopo circa 20 minuti dal suono della campanella le azioni europee stanno registrando vendite su tutti i fronti. L’indice Stoxx 600 ha registrato un calo dell′1% con i soli settori del petrolio e del gas in territorio positivo. Intanto, dall’altra parte dell’oceano, Wall Street vede mercati negativi in apertura i rendimenti dei titoli del Tesoro USA sono scesi come sintomo di una fuga degli investitori verso i classici asset sicuri. Il rendimento del titolo di Stato di riferimento decennale è sceso di 2 punti base, attestandosi al 4,334% mentre quelli con scadenza a 2 e 5 anni sono scesi di circa 2 punti base.
Ma per quale motivo Israele ha attaccato l’Iran? In realtà dietro la decisione si nasconde una lunga e silenziosa guerra che dura da anni e che prende di volta in volta forme differenti e non sempre strettamente “militari”. Al centro del contendere quello che Israele definisce “un pericolo per la sopravvivenza” ovvero lo sviluppo, da parte di Teheran, di un possibile ordigno nucleare. Da tempo l’Iran è impegnato, a fasi alterne, in un programma di trasparenza circa le proprie strategie sull’implementazione di apparecchiature a base di uranio arricchito ma recentemente l’Aiea, l’agenzia per il controllo dello sviluppo nucleare, aveva denunciato oltre ad alcuni atteggiamenti non corretti da parte della repubblica islamica, anche un progressivo avanzamento del programma nucleare.
Da qui nasce l’operazione Rising Lione ovvero una serie di attacchi ai siti nucleari iraniani e l’escalation nelle zone mediorientali che, tra le varie conseguenze, ha portato ad un rialzo dell’oro nero. Il timore è un blocco delle forniture da parte di Teheran che rappresenta uno dei maggiori esportatori di greggio grazie ai suoi 3,305 milioni di barili al giorno stando al report mensile dell’OPEC.
Le preoccupazioni riguardano anche lo Stretto di Hormuz, un importante punto di passaggio che collega il Golfo Persico e il Golfo di Oman, attraverso il quale passa un quinto della fornitura mondiale di petrolio e che si trova sotto il controllo di Teheran. Si tratterebbe, però, di una decisione ampiamente discutibile per diverse ragioni. La prima è strettamente logistica. Infatti sebbene le navi attraversino le acque iraniane, possono comunque essere dirottate verso le rotte degli Emirati Arabi Uniti e dell’Oman. Ci sono poi ragioni di sopravvivenza economica della stessa nazione islamica. Un blocco delle forniture, infatti, potrebbe costituire un danno anche per l’Iran che vede nel petrolio una fonte primaria di introiti. Senza contare che anche la Cina, prima acquirente del petrolio iraniano, avrebbe enormi interessi nel mantenere attivo lo stretto di Hormuz e tanto meno un rialzo incontrollato del petrolio.
Oltre il petrolio benefici si registrano anche per il dollaro che nelle ultime ore ha ritrovato i catalizzatori che da sempre gli hanno permesso di essere considerato un bene rifugio. Il biglietto verde, infatti è rialzo sia nei confronti del franco svizzero che dello yen giapponese, a loro volta visti come beni rifugio, rispettivamente dello 0,33% e dello 0,5%. In ripresa anche l’oro che ritrova brio e rivede per l’ennesima volta i suoi massimi storici con un rialzo intorno all’1,22% che lo ha portato a 3.440 dollari l’oncia, poco sotto quegli oltre 3.500 dollari toccati ad aprile.
“Questa operazione continuerà per tutti i giorni necessari a rimuovere questa minaccia”, ha affermato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Dalla Casa Bianca, invece, il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha chiarito che Israele ha intrapreso “azioni unilaterali contro l’Iran” senza il supporto degli Stati Uniti. “Non siamo coinvolti in attacchi contro l’Iran e la nostra massima priorità è proteggere le forze americane nella regione”, ha dichiarato Rubio in una nota. “Israele ci ha informato che ritiene che questa azione sia necessaria per la sua autodifesa”.
Come risposta all’attacco l’Iran ha lanciato più di 100 droni verso il territorio israeliano, una mossa che rappresenta il più grande attacco verso un paese esterno dai tempi della guerra contro l’Iraq. La decisione è stata presa anche come risposta all’uccisione del comandante a capo dei Guardiani della rivoluzione Hossein Salami, del Capo di stato maggiore delle forze armate iraniane Mohammad Bagheri e Fereydoon Abbasi e di altre figure di spicco del regime.