Comincia oggi, sabato 5 luglio, da Lille il nuovo viaggio del Tour de France. Ventuno tappe, tre settimane e una sfida che non è solo sportiva. Perché ogni estate, puntuale come un rito collettivo, la corsa a tappe più celebre al mondo si trasforma in qualcosa di molto più ampio: uno spettacolo itinerante, una vetrina per città e territori, un motore economico da milioni di euro.
Chi pensa che sia “solo ciclismo” si sbaglia di grosso
Dietro il passaggio del gruppo, dietro ogni striscione d’arrivo, si muove una macchina gigantesca fatta di hotel pieni, ristoranti affollati, sponsor, fornitori locali, media, appassionati. E soprattutto: visibilità globale. Basti pensare che l’ultima edizione ha raggiunto oltre 190 Paesi, con un’audience televisiva cumulata che sfiora i 3,5 miliardi di contatti. Numeri da Olimpiadi. O da Mondiali di calcio.
Non sorprende, allora, che ogni città sia disposta a pagare da 65 a 110 mila euro per ospitare una tappa. Ma il gioco vale la candela: il ritorno economico stimato è almeno cinque volte tanto. A Nizza, quando ha accolto l’arrivo finale nel 2024, l’indotto generato è stato valutato fra i 50 e i 60 milioni di euro. Una pioggia d’oro per alberghi, taxi, ristoratori. E per l’immagine internazionale della città.
La cultura (e il business) della bici
Eppure, il Tour non è solo questo. C’è un altro livello, più profondo, che si percepisce meglio nei giorni “normali”, quando la carovana è lontana. È l’effetto culturale e sociale della bicicletta, sempre più visibile in Europa. Spinta dalla pandemia, dal desiderio di mobilità sostenibile e dal fascino stesso delle grandi corse, la bici è diventata parte del quotidiano di milioni di persone.
In Europa, si vendono ogni anno più di 12 milioni di biciclette. L’industria – che include anche e-bike, componenti, caschi, abbigliamento tecnico – vale oggi oltre 24 miliardi di euro, con previsioni in crescita per il 2025. Le bici elettriche, in particolare, hanno conquistato un segmento sempre più vasto, spingendo molti a sostituire l’auto nei tragitti urbani.
Alcuni dati parlano da soli. In Olanda, ogni cittadino possiede in media più di una bicicletta. A Copenaghen, il 62% della popolazione va al lavoro pedalando. In Francia, il cicloturismo ha registrato un incremento dell’11% solo nell’ultimo anno. E la rete EuroVelo, con i suoi 56.000 chilometri di percorsi, è ormai una dorsale simbolica della nuova Europa sostenibile.
Non è solo stile di vita: è economia, e nemmeno piccola. L’intera filiera del ciclismo dà lavoro a oltre 170.000 persone, tra produzione, commercio, servizi e turismo. Si stima che i viaggi in bici generino 44 miliardi di euro l’anno, con 2,3 miliardi di spostamenti complessivi.
Effetto Giro
A confermare questa traiettoria è stato anche il recente Giro d’Italia, concluso lo scorso 1° giugno. I numeri parlano chiaro: 2,1 miliardi di euro di indotto, 10 milioni di spettatori dal vivo, quasi 800 milioni di telespettatori globali. E poi Roma, tappa finale, che da sola ha generato un impatto economico stimato in 200 milioni. Il tutto mentre l’export italiano di biciclette e componenti ha raggiunto i 759 milioni di euro, con un balzo del 29% rispetto al 2019.
Insomma, la bici non è più soltanto una passione da domenica mattina. È un pezzo del presente, e sempre più del futuro. Il Tour de France, con la sua forza narrativa e il suo richiamo mondiale, ne è la punta di diamante. Ma sotto, c’è una comunità europea che pedala ogni giorno: per muoversi, per viaggiare, per lavorare, per vivere meglio.
E che, a ogni curva, dimostra come una corsa possa valere molto più di una vittoria.
(foto ANSA)