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Mediaset, anche la Corte di giustizia Ue si schiera con Vivendi

Maria Lucia Panucci
3 Settembre 2020
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Nel mirino dei giudici la legge Gasparri è “sproporzionata” e “contraria al diritto dell’Unione” Vivendi batte Mediaset 2 a 0. Dopo i giudici di Amsterdam (leggi qui), anche la Corte […]

Nel mirino dei giudici la legge Gasparri è “sproporzionata” e “contraria al diritto dell’Unione”

Vivendi batte Mediaset 2 a 0. Dopo i giudici di Amsterdam (leggi qui), anche la Corte di Giustizia Ue, interpellata dal Tar, sta con il gruppo francese. Questa volta non c’entra niente la fusione tra il network di Cologno Monzese e la controllata spagnola per la nascita della newco MediaForEurope. Questa volta nel mirino dei giudici è finita la Legge Gasparri, e l’applicazione del Testo unico del mercato radiotelevisivo (Tusmar). 

Secondo i giudici del Lussemburgo, la normativa italiana che aveva impedito la scalata della società francese nell’azienda di Berlusconi è contraria al diritto dell’Unione europea e dunque andrà riscritta. «La legge italiana, giustificata dalla necessità di proteggere il pluralismo dei media, è sproporzionata – dice la Corte – in quanto fissa soglie che, non consentendo di determinare se e in quale misura un’impresa possa effettivamente influire sul contenuto dei media, non presentano un nesso con il rischio che corre il pluralismo dei media». Per i giudici le disposizioni italiane definiscono “in modo troppo restrittivo il perimetro del settore delle comunicazioni elettroniche, escludendo in particolare mercati che rivestono un’importanza crescente per la trasmissione delle informazioni, come i servizi al dettaglio di telefonia mobile o altri servizi di comunicazione elettronica collegati ad Internet nonché i servizi di radiodiffusione satellitare che oggi sono divenuti la principale via di accesso ai media“.

Nel 2016 Vivendi aveva lanciato una campagna ostile per acquisire le azioni Mediaset, arrivando al 28,8% del capitale. Ma la legge italiana vieta a una società di realizzare oltre il 20% dei ricavi complessivi del Sistema integrato di comunicazioni, anche indirettamente. E la percentuale si riduce al 10% se la società in questione detiene già una quota superiore al 40% dei ricavi complessivi del settore delle comunicazioni elettroniche. Circostanza che si applica a Vivendi, visto che è il primo azionista di Tim (23,9%) e il secondo socio di Mediaset (28,8%).. Per questo motivo, nel 2017, l’Agcom aveva bocciato l’operazione, costringendo Vivendi a parcheggiare in una società indipendente il 19,19% delle azioni Mediaset. Il contenzioso è finito così di fronte al Tar del Lazio, che ha chiamato in causa la Corte di Giustizia Ue. Ed è arrivato il verdetto: il gruppo di Vincent Bolloré sarebbe legittimato a detenere direttamente la complessiva quota del 28,8% detenuta da anni nel capitale del Biscione.

Va detto però che questa decisione conta relativamente: la Gasparri è tuttora in vigore e solo un intervento normativo da parte del governo Conte potrebbe cambiare le regole del mercato televisivo in Italia. Cosa che non sembra essere in programma, almeno per il momento.

di: Maria Lucia PANUCCI

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