L’11 ottobre di quest’anno Elon Musk, l’uomo simbolo della prossima amministrazione Trump, ha presentato, dopo alcuni rinvii, Robocab e Robovan i due veicoli a guida autonoma, secondo quanto prospettato dall’azienda, che, però, non sembrano aver generato grandi entusiasmi. Una reazione fredda che non è imputabile in toto a Musk. Quella della guida autonoma, almeno allo stadio attuale, è un settore di nicchia in attesa di norme più chiare e, soprattutto, di tecnologie più efficienti. Infatti la National Highway Traffic Safety Administration (Nhtsa), l’agenzia federale USA per la sicurezza stradale, ha dato l’ok per la sperimentazione di 2.500 veicoli a guida autonoma all’anno. Troppo pochi per costituire un mercato. Da qui le attese per un rialzo dell’asticella.
Per quanto riguarda, invece, Robocap e Robovan, sono entrambi senza pedali e senza volante. Il coupé a due posti (Cybercab il nome scelto) e il monovolume elettrico che, invece, potrebbe averne fino a dieci, sono caratterizzati da un grande schermo centrale e rientrano in quel progetto di Robotaxi che da tempo (15 anni circa) l’azienda sta portando avanti nonostante la concorrenza cinese sia in fase più avanzata. Pochi i dettagli che Elon Musk rivelò in quell’occasione per la Cybercab, tra questi la ricarica induttiva e il prezzo “inferiore ai 30mila dollari”.
Ancora meno, invece, i dettagli resi noti per Robovan che potrebbe essere in fase di sperimentazione già l’anno prossimo. Ed ecco il primo di una serie di nodi gordiano da sciogliere. Infatti le normative riguardanti la guida autonoma potrebbero essere uno dei primi ostacoli che l’amministrazione Trump abbatterà a favore delle aziende di Musk. Norme che riguardano prima di tutto la sicurezza.
Attualmente la sicurezza legata alla guida autonoma viene catalogata in 5 livelli che cambiano a seconda dell’automazione di cui il veicolo è dotato partendo dal livello 0, cioè quello a cui siamo abituati, fino ad arrivare al 5 che dovrebbe essere di completa automazione. Tra i parametri usati, anche quelli riguardanti capacità di sterzo, accelerazione e frenata, controllo dell’ambiente circostante e gestione del rischio.
Il target che si pone la guida autonoma è estremamente complesso perché riguarda, oltre alla riduzione a zero dell’errore umano, anche il dilemma etico in caso di una scelta d’emergenza e il possibile imprevisto di un comportamento anomalo di un pedone.
Per le aziende che puntano alla guida autonoma negli USA il primo ostacolo da affrontare è quello di avere l’autorizzazione della Nhtsa per sperimentare i veicoli in specifiche zone. In Europa, invece, sono presenti alcuni tratti autostradali in cui è possibile gestire autoveicoli con livello di sicurezza 3 ma che impongono la presenza vigile ed attiva di un conducente in grado di intervenire. Secondo le disposizioni vigenti, infatti, le auto con guida autonoma (o presunta tale) non vanno oltre il livello 3 e il 5 è previsto come standard comune entro il 2030.
I vari livelli di sicurezza partono dallo zero (nessuna guida autonoma). Andando avanti si ha il livello 1 (guida assistita) dove il conducente viene supportato dalla vettura nell’accelerazione e frenata. Al livello 2 si ha l’automazione parziale che è il livello più alto tra le automobili in commercio. In queste auto il controllo del volante ad opera del software è solo parziale con la possibilità del parcheggio autonomo. Il guidatore è ancora il solo responsabile dell’andamento dell’autovettura. Dal livello 3 si parte con la fase sperimentale dell’automazione condizionata dove il software riesce a gestire l’auto purché non ci siano cambiamenti improvvisi della situazione. Il livello 4 e il 5 sono, intempestivamente, quelli di alta automazione e automazione completa ancora ben lontane dall’arrivare.
Indubbiamente il settore delle auto sta attraversando una fase epocale con una rivoluzione che ha portato gli autoveicoli prima verso l’ibrido ed ora verso l’elettrico puro. Ma la rivoluzione non sembra essere finita qui. Infatti. Il ramo, già di per sé in crisi a causa di vari fattori sia endogeni che esogeni, potrebbe ricedere un ulteriore colpo (forse anche mortale) proprio dalle nuove decisioni riguardanti i crediti fiscali per le case che abbandonano la costruzione dei motori endotermici a favore di quelli elettrici. Un problema che per Tesla sarebbe solo marginale. Infatti il taglio andrebbe a ledere maggiormente gli interessi di quelle case produttrici tradizionali che hanno investito ampiamente per una serie di progetti e riconversione degli impianti di produzione. I crediti fiscali tuttora esistenti, infatti, e voluti dal governo democratico di Joe Biden, riguardavano le case automobilistiche che avevano deciso di spostare l’intera filiera produttiva negli USA. Costi altissimi per le aziende estere che, però venivano ammortizzati dalle agevolazioni. Le stesse che, invece, non arrivavano (o solo parzialmente) per gli impianti di Tesla in Texas.