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Allerta disinformazione: 6 volte più engagement e maggiori guadagni

Alessia Malcaus
15 Settembre 2021
Allerta disinformazione: 6 volte più engagement e maggiori guadagni
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A finanziare maggiormente i siti di fake news sono le inserzioni pubblicitarie automatizzate Le fake news attirano più delle notizie accurate e verificate e portano più soldi. Ad esempio, su Facebook, […]

Un momento della presentazione del servizio della Polizia postale contro le fake news presso il Centro Anticrimine Informatico a Roma, 18 gennaio 2018.
ANSA/MASSIMO PERCOSSI

A finanziare maggiormente i siti di fake news sono le inserzioni pubblicitarie automatizzate

Le fake news attirano più delle notizie accurate e verificate e portano più soldi. Ad esempio, su Facebook, le notizie false o tendenziose ricevono 6 volte più pollici in su, condivisioni e interazioni rispetto alle notizie affidabili. Lo dimostra una ricerca della New York University e dell’Università francese di Grenoble Alpes.

Secondo un rapporto di NewsGuard, un’organizzazione che monitora la disinformazione online tramite un team di giornalisti, su quasi 7 mila domini monitorati in Europa e negli Usa, sono 519 i siti che diffondono regolarmente bufale o notizie infondate. Tradotto: il 7% dei siti di notizie più seguiti pubblica contenuti dannosi. La maggior parte si trova negli Stati Uniti ma 41 sono italiani.

Questi 519 siti guadagnano molti soldi grazie alla pubblicità facendo sì che la disinformazione possa finanziare altra disinformazione, inquinando il dibattito pubblico. L’analisi sulle cifre è frutto della combinazione di 7.500 siti il cui traffico e le cui spese pubblicitarie sono misurate da Comscore e la bontà delle notizie da NewsGuard. Secondo le stime, l’1,68% della spesa per la pubblicità programmatica nei 7.500 domini del campione è andata a siti che pubblicano disinformazione.

Dei 155 miliardi di dollari della spesa mondiale della pubblicità automatizzata che finisce sui siti web, gli autori delle fake news ne ricavano 2,6 miliardi di dollari all’anno. «Centinaia di questi milioni di dollari finanziano la diffusione di affermazioni false sulla salute, bufale sui vaccini, disinformazione elettorale, propaganda e notizie false» – sintetizza NewsGuard.

La disinformazione sul web è finanziata, in modo involontario, anche dai maggiori inserzionisti pubblicitari. La pubblicità programmatica, infatti, si limita ad incrociare domanda e offerta senza offrire informazioni chiare e complete alle aziende su dove vengano visualizzate le loro pubblicità.

Ma quali sono le tematiche al centro della disinformazione? Secondo il report, le 50 bufale più diffuse riguardano i temi più sensibili del momento: Covid-19 e vaccini anti-Covid. Paradossalmente, a conferma del punto precedente, tra oltre 4.000 mila marchi noti che finanziano involontariamente disinformazione su Covid-19 ci sono anche produttori di vaccini, reti ospedaliere e perfino i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie americani.

A tal proposito NewsGuard propone una soluzione per mettere fine a questo circolo vizioso che potrebbe rivelarsi molto pericoloso. Secondo l’organizzazione, le aziende dovrebbero servirsi di più dell’intelligenza umana e meno di quella artificiale nel campo pubblicitario. Attualmente NewsGuard sta usando questa strategia con alcuni brand fornendo una lista di esclusione di siti inaffidabili, dando la possibilità agli inserzionisti di collaborare con le loro agenzie pubblicitarie e le piattaforme dedicate per tenere la loro pubblicità lontano da questi siti. L’organizzazione offre, inoltre, delle liste di siti d’informazione che ritiene di qualità e affidabili e che gli inserzionisti possono usare per raggiungere il loro pubblico di riferimento

«Ogni dollaro speso in pubblicità che va a siti di disinformazione – avverte NewsGuard – contribuisce molto più alla produzione di notizie false di quanto un dollaro speso in pubblicità che va a media credibili». Ecco perché è importante che le notizie false non prosperino: produrle ha un costo ridotto, a differenze delle notizie affidabili che richiedono maggiori risorse in termini umani ed economici.

di: Alessia MALCAUS

FOTO: ANSA/MASSIMO PERCOSSI

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