
A confronto con lo stesso periodo del 2019, che aveva visto dichiarare fallimento 8.042 imprese, si nota una diminuzione del 15,9%. I settori che soffrono di più sono il commercio, i servizi, l’edilizia e l’industria
Aumentano le imprese che dichiarano fallimento in Italia. Nei primi 9 mesi del 2021 hanno cessato l’attività 6.761 aziende, in aumento del 43,6% rispetto allo stesso periodo del 2020, quando si sono registrati 4.709 fallimenti. E’ quanto emerge da una analisi realizzata da CRIBIS, società del gruppo CRIF specializzata nella business information. Il dato, tuttavia, resta al di sotto dei livelli pre-pandemia: a confronto con lo stesso periodo del 2019, che aveva visto dichiarare fallimento 8.042 imprese, si nota una diminuzione del 15,9%.
«L’accelerazione dei fallimenti in questi primi 9 mesi si deve principalmente all’entrata in vigore della moratoria e al rallentamento dell’attività dei tribunali, sospese durante i lockdown dello scorso anno a causa delle misure di contenimento della pandemia – ha commentato Marco Preti, amministratore delegato di CRIBIS. – Nonostante la crisi e le difficoltà imposte dall’emergenza Covid-19, il tessuto imprenditoriale del nostro Paese sembra reggere il colpo».
Nel terzo trimestre di quest’anno le aziende che hanno dichiarato fallimento sono state 1.806, il 12,7% in più a confronto con l’analogo periodo del 2020, ma in diminuzione del 22,4% rispetto a quello del 2019 e del 24,8% rispetto secondo trimestre 2021.
A livello regionale la maggiore incidenza si riscontra nel Lazio, Lombardia, Toscana, Sicilia e Sardegna, mentre quelle con l’incidenza più bassa sono Trentino-Alto Adige, Molise, Friuli – Venezia Giulia e Calabria.
Per quanto riguarda i settori è il commercio a soffrire di più con 1.955 fallimenti tra gennaio e settembre, seguito dai servizi (1.659), dall’edilizia (1.235) e dall’industria (1.084).
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: ANSA
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