Una saldatura avrebbe innescato la deflagrazione di 2.700 tonnellate di nitrato di sodio in un deposito nei pressi del porto. Le autorità invitano a lasciare la città perché l’aria è tossica. Per gli Usa non si tratta di un incidente ma di un attacco
Sono almeno 100 le persone rimaste uccise dalle due devastanti esplosioni di Beirut di ieri. Oltre 4000 sono al momento i feriti, mentre si contano già più di 100 dispersi. Lo ha reso noto la Croce Rossa libanese, secondo quanto riferiscono i media locali, mentre proseguono le operazioni dei soccorritori. Tra le migliaia di feriti c’è un militare italiano della forza internazionale Unifil. Sta bene, è stato lui stesso a informare i suoi familiari. La Farnesina sta monitorando l’eventuale coinvolgimento di altri italiani.
Dopo le voci che si erano rincorse per l’intera serata, è arrivata la conferma direttamente dalle parole del premier libanese, Hassan Diab: ad esplodere sono state 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, confiscate anni fa a contrabbandieri e conservate in un deposito vicino al porto. La sostanza pericolosissima è deflagrata forse per le scintille sprigionatesi durante un’operazione di saldatura nel magazzino.
Le esplosioni, udite anche a Nicosia (Cipro), a 240 chilometri (150 miglia) di distanza, sono state registrate dai sismologi come l’equivalente di un terremoto di magnitudo 3,3. L’effetto è stato apocalittico. La capitale del Libano è piombata nel sangue, nel caos, in un incubo che il governatore, Marwan Abboud ha paragonato a quello che è successo a Hiroshima e Nagasaki. Moltissimi gli edifici danneggiati: tra questi anche il palazzo presidenziale e diverse ambasciate. Indenne invece la rappresentanza diplomatica italiana. Tre ospedali di Beirut sono stati completamente distrutti mentre altri due solo parzialmente. Si sono moltiplicati gli appelli alla donazione di sangue e al rientro immediato in servizio di tutti i medici e infermieri. Il ministero della Sanità ha chiesto a chi sta bene e ne ha la possibilità di lasciare per il momento Beirut, anche perché l’aria è tossica ed irrespirabile.
Dirigenti militari Usa pensano che l’esplosione a Beirut sia stata un attacco, una bomba di qualche tipo. «Ho incontrato i nostri generali e sembra che non sia un incidente industriale. Sembra, secondo loro, che sia un attentato, una bomba di qualche tipo», ha spiegato il presidente Donald Trump aggiungendo che gli Usa aiuteranno il Libano.
Il presidente Michel Aoun ha convocato il Consiglio supremo di difesa e ha definito “inaccettabile” il fatto che 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio siano rimaste immagazzinate per 6 anni nel porto di Beirut senza misure di sicurezza. Il premier, Hassan Diab, ha assicurato che verrà aperta una indagine e che tutti i responsabili pagheranno.
E intanto fonti israeliane suggeriscono che quel magazzino venisse utilizzato da Hezbollah. Troppo presto per capire, mentre l’intero Paese si sbraccia per aiutare. Diab ha chiesto sostegno alle nazioni amiche e tra i primi a rispondere c’è stato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ha promesso il sostegno dell’Italia. «Le terribili immagini che arrivano da Beirut descrivono solo in parte il dolore che sta vivendo il popolo libanese. L’Italia farà tutto quel che le è possibile per sostenerlo. Con la Farnesina e il ministero della Difesa stiamo monitorando la situazione dei nostri connazionali», ha scritto su Twitter.
Anche Israele ha offerto aiuti umanitari e medici e immediata assistenza di emergenza. Il presidente israeliano Reuven Rivlin ha detto che Israele condivide “il dolore del popolo libanese e offre sinceramente il suo aiuto un questo momento difficile“.
Questa tragedia non ci voleva proprio in un momento già difficile per il Libano. L’economia è crollata negli ultimi mesi, con la valuta locale in calo vertiginoso sul dollaro, le imprese che chiudono in massa e la povertà che sale allo stesso ritmo allarmante della disoccupazione.
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: AGI
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