I decreti di appoggio ai lavoratori continuano a far discutere
Tra i grandi esclusi del decreto Ristori figurano tutti quei professionisti e quelle attività che hanno subito gli effetti negativi del covid pur non essendo andati incontro direttamente a chiusure forzate.
Le misure studiate dal Governo per arginare la crisi economica causata dai protocolli sanitari sempre più severi hanno concesso indennizzi parziali per un totale di 2,4 miliardi a fondo perduto a bar, ristoranti, palestre, piscine, cinema e teatri, a cui si sono aggiunti con il decreto Ristori bis le categorie della ristorazione senza somministrazione, i bus turistici, i corsi di danza, le lavanderie, i negozi di bomboniere, i fotoreporter e i traduttori, i pirotecnici, Arci e Acli e persino i sexy shop (ne abbiamo parlato qui).
Tuttavia ci sono diverse figure che sono state escluse da ambedue le misure, pur avendo subito come gli altri gli effetti delle manovre. In primis, gli agenti di commercio, come sottolineato dall’associazione di categoria del settore Univendita: «i rappresentanti di commercio della vendita a domicilio non sono individuabili attraverso uno specifico codice ATECO – ha detto il presidente Ciro Sinatra – essendo chiamati a vendere un’ampia gamma di categorie merceologiche. Ma sono fortemente limitati nella propria attività lavorativa».
Stesso discorso per gli atelier da sposa e gli artigiani della moda. Già lo scorso 6 novembre Federmoda CNA Nazionale aveva inviato una lettera al Presidente del Consiglio e al ministro dell’Economia per sottolineare la precarietà della situazione (approfondisci qui).
E infine, le mense e la distribuzione automatica, che hanno sofferto moltissimo lo smart working e la didattica a distanza: «stiamo scontando una flessione fino al 50% dei fatturati, che mette a rischio migliaia di lavoratori», ha spiegato il presidente dell’associazione di categoria Anir-Confindustria. Calano gli incassi non solo delle macchinette del caffè e degli snack nelle scuole e negli uffici ma anche delle mense nelle aziende. Il rischio è di veder fallire quattromila imprese in Italia che danno lavoro a oltre 30 mila persone con un indotto di altre 12 mila.
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA
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