
Secondo i dati elaborati dal Censis, il settore ha perso 3.000 occupati nel 2020. Nel prossimo futuro si prevede un aumento generale della domanda
Nel 2020 il mercato dell’agroindustria registra una diminuzione del valore aggiunto dell’1,8% in termini reali. A renderlo noto è uno studio del Censis.
Nell’arco del decennio 2010-2020, la variazione reale è stata del +10,9% e del +4% nel 2019. L’emergenza Covid ha causato un’importante frenata del settore che ha comportato una perdita di 3.000 occupati nel solo ultimo anno.
D’altro canto, il prodotto dell’industria alimentare si dimostra solido dal punto di vista dell’export. Nel 2020 questo ha prodotto quasi 40 miliardi di euro, con un incremento di 744 milioni rispetto al 2019 (+1,9%). Nel lungo periodo il rafforzamento del settore sui mercati mondiali si è tradotto in un +60,3% del valore dell’export rispetto al 2011, pari a un incremento vicino a 15 miliardi.
Nell’ultimo anno si sono ridotti i consumi delle famiglie italiane in diversi settori: -40,5% alberghi e ristoranti (43,7 miliardi di euro), -24,7% per i trasporti (33 miliardi), -22,5% per ricreazione e cultura (16 miliardi), -20,9% per vestiario e calzature (13 miliardi). Le uniche voci che hanno registrato un andamento positivo sono state le spese per le comunicazioni (+2,3%), l’abitazione e le utenze (+0,6%), alimentari, bevande e tabacchi (+0,3%).
Per i prossimi anni le previsioni sono positive. La manifattura italiana conta sul forte recupero della domanda mondiale già nel 2021. E mentre la componente alimentare delle importazioni mondiali di beni arriva ad un valore di poco superiore a 900 miliardi di euro, a beneficiarne saranno le imprese italiane orientate all’export. Per il settore alimentare ci si attende un aumento della domanda del 14,2% nel biennio 2021-2022.
Il post-Covid, inoltre, vedrà mutare la natura della domanda. Gli italiani, infatti, prestano ora più attenzione alla propria salute e al proprio benessere. C’è quindi una maggiore attenzione sul tema della sicurezza alimentare al momento dell’acquisto dei prodotti (per il 58%) e sulla provenienza geografica (40%), aspetti seguiti dal gusto e dal contenuto nutritivo dei cibi (entrambi al 35%). La maggior parte degli italiani (58%) considera una dieta salutare e sostenibile quella che prevede il consumo di frutta e verdure, quella fondata sulla varietà e il bilanciamento delle tipologie di prodotto (44%) e quella orientata al consumo di cibi locali e di stagione (44%).
L’agricoltura e l’industria della trasformazione dei prodotti agricoli, allo stesso tempo, sono orientate verso l’innovazione. Mentre aumenta la richiesta di una maggiore attenzione agli impatti dell’industria sull’ambiente, della distribuzione e del suo carico sulle reti e sui contesti urbani, le imprese riorganizzano i processi di produzione e distribuzione, cercando nuove soluzioni per le nuove questioni poste dalla domanda.
di: Alessia MALCAUS
FOTO: ANSA
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