
Non solo price cap: nell’Ue si fa strada anche l’ipotesi del decoupling per far fronte all’aumento dei prezzi dell’energia. Ma di cosa si tratta?
La crisi energetica sta affliggendo l’intera Unione Europea, che sta cercando di intervenire per far fronte all’aumento dei prezzi di gas ed elettricità. Tra le ipotesi in ballo non c’è solo il price cap, il tetto al prezzo del gas in via temporanea, ma anche il decoupling, ossia il disaccoppiamento del prezzo del gas da quello dell’energia sui mercati all’ingrosso.
Non si tratta, però, di una proposta nuova: l l’Europa ne discute da circa un anno come soluzione all’impennata delle quotazioni delle materie prime energetiche dopo la ripresa economica post pandemia.
Come ha sottolineato anche Ansa, questo strumento può garantire energia a prezzi accessibili ma potrebbe essere un ostacolo alle energie rinnovabili.
Di cosa si tratta nello specifico? Il decoupling è una strategia che l’Europa ha adottato negli ultimi vent’anni per decarbonizzare la produzione dell’energia. Con questo termine si fa riferimento anche a un’economia in grado di crescere senza aumentare la pressione ambientale: disaccoppiare le emissioni di C02 e la crescita del Pil ha fatto salire il prezzo del carbone, favorendone l’accantonamento.
Ma come funziona il disaccoppiamento? In Europa il costo dell’elettricità è legato quello del gas, quello che serve a permettere il funzionamento degli impianti. Il prezzo del gas però al momento è decuplicato e, di conseguenza, aumentano anche i prezzi dell’energia.
Il decoupling permetterebbe di sganciare i due valori e di vendere a prezzi più bassi l’elettricità, soprattutto quella prodotta da altre fonti diverse dal gas. La criticità starebbe, secondo alcuni, nel ripensare in poco tempo il sistema dei prezzi.
La Commissione europea dovrà, quindi, valutare la posizione degli Stati membri. Tra i Paesi che hanno chiesto una riforma del mercato Italia, Francia, Spagna, Romania e Grecia.