
Il Centro studi di Confindustria prevede il 2023 a crescita zero
Secondo il Centro studi di Confindustria il Pil 2022 è in crescita del 3,4%, ma quello del 2023 è previsto a crescita zero. «Lo shock energetico abbatte le prospettive di crescita» è l’allarme del Centro studi di Confindustria, che prevede inoltre che L’Italia cada “in stagnazione” e con “un’inflazione record“.
Dopo la “dinamica positiva” della prima metà del 2022 il Pil tricolore ha subito un “aggiustamento al ribasso tra fine anno e inizio 2023, poi recupera piano. La crescita 2022 (+3,4%) è già tutta acquisita ed è molto superiore a quella che si prevedeva sei mesi fa“. Secondo gli economisti di Confindustria però “c’è una forte revisione al ribasso rispetto allo scenario di aprile (-1,6 punti) che porta alla stagnazione in media d’anno“.
Per le imprese sono previsti aumenti dei costi per 110 miliardi, a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia, che incidono del 9,8% sui costi totali. In merito all’occupazione “dopo una battuta d’arresto in estate, diventerà negativa tra l’autunno e l’inverno” mentre “per l’anno prossimo è attesa una ripresa nel mercato del lavoro” che tornerà a crescere, ma “solo nella seconda parte del 2023“. Il tasso di disoccupazione stimato è in aumento all’8,1% in media nel 2022 e all’8,7% nel 2023.
Per l’inflazione il Centro studi di Confindustria prevede che si assisterà, in media nel 2022, “al +7,5% (da +1,9% nel 2021)” mentre “nel 2023, è attesa in discesa, ma ancora elevata, al +4,5% in media“.
Per quanto riguarda i conti pubblici “il deficit pubblico in Italia è migliore delle attese (3,5% nel 2023), nonostante l’aumento della spesa per interessi dovuto al rialzo dei tassi e pur incorporando gli effetti sui conti delle ingenti misure adottate dal Governo per sostenere famiglie e imprese contro il caro-energia: 54,4 miliardi nel 2022, che hanno senz’altro attutito l’impatto dello shock energetico sull’economia” spiegano gli economisti di Confindustria.
Secondo il Centro studi: «un elemento particolarmente positivo dei conti pubblici, emerso quest’anno, è il forte aumento delle entrate fiscali, sulla scia della risalita dell’economia, ma anche della maggiore inflazione: queste risorse hanno consentito di finanziare gli interventi senza generare più deficit di bilancio».
Il gettito fiscale nel 2022 “potrebbe essere superiore rispetto a quanto programmato dal Governo nel Def di aprile di ulteriori 10 miliardi (0,5 punti di PIL), ma il deterioramento dello scenario economico potrebbe ridurre tali entrate“. Il debito pubblico è stimato al 145,5% del Pil nel 2022, in riduzione di oltre 4,7 punti, ma nel 2023 è previsto calare di neanche 0,7 punti (al 144,9%), a causa del minor contributo della crescita reale alla sua discesa.
Confindustria sottolinea inoltre quanto siano stati di aiuto a sostenere il Pil del 2022 “i cospicui interventi della politica di bilancio adottati dal Governo italiano per difendere famiglie e imprese dai rincari dei prezzi energetici che (da settembre dello scorso anno a oggi) ammontano 60 miliardi, tra i più corposi in Europa, erogati senza generare extra-deficit anche se, proprio per questo, con effetti di brevissimo periodo“.