
Uber Eats è accusata di “condotta antisindacale” per aver licenziato su due piedi tutti i quattro mila rider in Italia dopo aver deciso di lasciare il Paese
Guai in vista per Uber Eats che viene accusata di “condotta antisindacale” per aver licenziato su due piedi tutti i rider, circa quattro mila, quando ha deciso di chiudere la sua attività in Italia. Lo ha stabilito il Tribunale di Milano, suggerendo che la società avrebbe dovuto prima attuare una procedura di informazione e consultazione prevista dalla legge 234/2021 sulle delocalizzazioni e poi una procedura di licenziamento collettivo a norma della legge 223/1991. «Trattandosi di “lavoratori subordinati – scrive il giudice – la società aveva l’obbligo, prima di procedere alla comunicazione dei recessi, di attivare con le organizzazioni sindacali ricorrenti le procedure di consultazione previste. E la sussistenza di tali obblighi di informazione non viene meno nemmeno se si opta per una qualificazione dei riders come collaboratori etero-organizzati».
Quindi il giudice ha dichiarato “illegittimi” i licenziamenti che ora dovranno essere revocati per “avviare con le organizzazioni sindacali ricorrenti le procedure e il confronto previsto in caso di cessazione di attività“. L’azienda dovrà portare a conoscenza dei quattro mila rider il provvedimento e dovrà pubblicarlo sul proprio sito aziendale, sulle pagine Facebook e Instagram e sui principali quotidiani nazionali.
Gioiscono i sindacati. «Per la prima volta – sottolineano – è significativo che trovi applicazione in Italia la disciplina delle localizzazioni delle multinazionali, che le responsabilizza nei processi di ristrutturazione. E si dimostra ancora una volta, che ai rider devono essere applicati tutti i diritti dei lavoratori subordinati».
FOTO: ANSA/DANIEL DAL ZENNARO