La chiamano shrinkflation ed è l’abitudine di molte (moltissime) aziende, di rimodulare al ribasso il quantitative e il contenuto delle confezioni senza, però, rivedere in proporzione, il prezzo. Risultato: si paga lo stesso (a volte anche di più) per un minor quantitativo di prodotto. Un atteggiamento che spesso è subdolo dal momento che il ritocchino è minimo e il consumatore, al momento dell’acquisto, non se ne accorge.
Che cos’è la shrinkflation
Ecco allora che, complice anche la fretta della spesa quotidiana e la “fiducia” che si ripone in una marca conosciuta e spesso acquistata, chi acquista, ad esempio, un pacco di pasta, non si accorge che, invece di 500 grammi, la confezione ne conta 400. Stesso discorso con il riso: invece del canonico chilogrammo la confezione è da 900grammi. Per non parlare dell’olio. Sugli scaffali, infatti, è sempre più difficile riuscire a trovare confezioni da litro intero sostituite sempre più spesso da quelle di 750 ml. Lo stesso accade anche con i detersivi dove c’è da segnalare un ulteriore fenomeno. Infatti spesso le confezioni da litro non solo vedono una riduzione nel formato ma,parallelamente, le indicazioni e le raccomandazioni per le dosi non cambiano. Il che potrebbe invitare il consumatore ad usare le stesse dosi con una confezione che contiene meno detersivo nonostante il prezzo non si sia abbassato. La stessa strategia è stata adottata per quanto riguarda le confezioni multipack. Ecco allora che da qualche tempo le confezioni da 10 pacchetti di fazzolettini non vedono più 10 fazzolettini per ogni singola confezione, ma 9. Oppure le spugnette per i piatti che da 6 sono diventate 5 pur conservando lo stesso prezzo (quando, come detto, non aumentato).
Il fenomeno della shrinkflation (in italiano “sgrammatura” e che deriva dall’inglese “to shrink”, ovvero restringere, unito al termine “inflation”, cioè inflazione) non sempre è osservato dal consumatore che, alla fine, si trova pochi grammi in meno di prodotto. Diverso, e ben più ampio, il vantaggio per l’azienda che, contando sui grandi numeri, vede un’ottimizzazione massima del risparmio.
Ma la shrinkflation può essere camuffata anche attraverso altre strategie. Per gli alimentari possono essere proposte ricette premium oppure la dicitura “Nuova ricetta” (magari light), unita, magari ad una nuova grafica oppure ad una nuova confezione. Una strategia che punta anche ad un altro vantaggio: conquistare una nuova fascia di consumatori precedentemente meno interessata.
Come riuscire a difendersi?
Il rimedio più ovvio è porre particolare attenzione agli acquisti. Non solo ma dal momento che spesso le confezioni hanno dosaggi “frazionati” (66cl, 750ml, 650gr) sarebbe utile controllare la presenza del prezzo per unità di misura (al chilo o al litro) che dovrebbe essere obbligatorio secondo il Codice del consumo, insieme al prezzo di vendita.
Le misure dell’Italia
Nel prossimo futuro, poi, ci potrebbe essere un altro strumento. Dal 1 aprile, infatti, il governo Meloni ha introdotto una misura nella nuova legge annuale per il mercato e la concorrenza, presente nel Codice del consumo e che obbliga i produttori ad informare i consumatori del riporzionamento del contenuto attraverso una specifica etichetta sulla confezione di vendita riportante la dicitura “Questa confezione contiene un prodotto inferiore di X (unità di misura) rispetto alla precedente quantità”. L’avviso dovrà durare per sei mesi dalla data di immissione in commercio del prodotto stesso. Tutto questo, però, potrebbe non avvenire mai dal momento che la Commissione europea ha dato parere circostanziato alle decisioni italiane quando queste sono state comunicate a Bruxelles. Da qui la necessità di prorogare i termini per esaminare la questione all’8 aprile, periodo durante il quale il paese interessato dalle nuove norme (in questo caso l’Italia) dovrebbe fornire spiegazioni e motivazioni sul perché ha deciso di introdurre misure di potenziale ostacolo al libero commercio all’interno dell’Unione.
Ma Roma non solo non ha fornito queste spiegazioni ma anche rivisto e modificato la norma, rispetto alla prima stesura, per di più approvandola in Parlamento a metà dicembre del 2024. La conseguenza? Essendo una norma che di fatto viola la legislazione dell’Ue, il testo della norma sulla shrinkflation pone l’Italia sotto la scure di una possibile procedura di infrazione da parte della Commissione europea. Non solo ma questa posizione falsata apre la possibilità ai giudici di considerarla inapplicabile sul mercato interno proprio perché in contrasto con la normativa Ue.