La fuga dalle grandi metropoli grazie allo smart working, ma anche per essere più liberi
Il Sole 24Ore ha rielaborato i dati demografici mensili rilasciati dall’Istat e dall’analisi è venuto fuori un trend tutto sommato nuovo che ha coinvolto gli italiani: con la pandemia c’è stata una generale fuga dai grandi centri abitati, con l’hinterland e il mare che hanno ottenuto più residenti, alla ricerca di maggiore libertà e di aria buona. Una migrazione che è stata resa possibile per buona parte dallo smart working.
Nei capoluoghi di 15 città metropolitane c’è stato un calo complessivo della popolazione residente del 2,4%, di cui lo 0,7% solo nell’ultimo anno, e attualmente ci vive il 16% della popolazione italiana. Il calo, rafforzato dal covid, è in atto da cinque anni, con l’eccezione di Bologna e Milano che hanno registrato un aumento rispettivamente del 2,3% e del 4,1% di popolazione nel periodo compreso tra 2015 e 2020.
Quali sono le città che hanno perso più abitanti? In testa Catania, con il -6,4%. Segue Firenze con il -5,6%, poi Messina con il -5,4% e Reggio Calabria con il -5,2%.
Non sono dati giustificati solo dalle migrazioni. Purtroppo rimane alto anche il numero dei decessi, con 8,9% dei decessi totali tra gennaio e ottobre che si è verificato proprio nelle 15 città italiane più grandi, con in testa Milano.
Le iscrizioni anagrafiche nell’anno del covid sono scese in media del 23% nelle città metropolitana. Le cancellazioni dell’8,7%.
Chi perde e chi guadagna, insomma: le città vicine al mare, ai laghi oppure nell’entroterra hanno guadagnato diversi punti percentuali di popolazione. Per esempio Bereguardo a Pavia ha ottenuto 7 nuovi residenti ogni 100 abitanti nel 2020, o Castel Volturno a Caserta, che ha chiuso l’anno con 740 residenti in più. Un altro esempio è quello di San Zeno di Montagna, non lontano da Verona, per chi non ha voluto spostarsi troppo dalla città. O Aprilia a Latina, dove un sesto dei nuovi residenti è arrivato da Roma.
di: Micaela FERRARO
FOTO: ELIO CASTORIA / AFP
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