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Economia

Mentre i prezzi delle materie prime salgono, i margini delle imprese vanno al ribasso

Alessia Malcaus
12 Aprile 2021
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Secondo il Centro Studi Confindustria, a causa della scarsa domanda, l’industria non riesce a scaricare a valle i rincari delle commodity I prezzi internazionali delle materia prime sono interessati da […]

Secondo il Centro Studi Confindustria, a causa della scarsa domanda, l’industria non riesce a scaricare a valle i rincari delle commodity

I prezzi internazionali delle materia prime sono interessati da un significativo rialzo. Il prezzo del legno è salito del 7% a febbraio 2021 rispetto a ottobre 2020, quello della gomma del 10%, il grano del 13% e il mais del 31%, il rame del 26% e il ferro del 38% . Il trend di risalita coinvolge anche il prezzo del petrolio che segna un +53% in soli quattro mesi. Recentemente, inoltre, si registrano forti incrementi dei noli marittimi, a riflesso di una generalizzata carenza di container a livello internazionale.

Nell’ultimo rapporto di previsione sull’economia, il Centro Studi di Confindustria lancia l’allarme in merito alle difficoltà delle imprese di scaricare a valle i rincari subiti a monte dall’acquisto di commodity. In una fase di domanda privata interna ancora molto scarsa, sia sul fronte dei beni di consumo che dei beni di investimento, infatti, molti settori industriali potrebbero trovarsi a fronteggiare, nel 2021 appena iniziato, una pressione al ribasso sui margini delle imprese.

Come avvertono gli economisti del Csc, gli aumenti delle commodity non devono trarre in inganno perché nascondono un’importante differenza. Per il petrolio si tratta di un recupero quasi pieno del prezzo, dai minimi toccati ad aprile 2020 a causa della prima ondata di pandemia: -3% dal valore pre-crisi a febbraio. Per molte altre commodity, invece, i prezzi a inizio 2021 sono ben sopra i valori pre-crisi, specie per i metalli: rame +40% (non lontano dal picco storico del 2011), grano +12%, legno +6%.

Le quotazioni di gran parte delle materie prime sono in genere molto correlate con quella del petrolio. Dal 1999 al 2021 la correlazione tra prezzo medio mensile in dollari del grano e del petrolio è di 0,82 su 1. Per il mais è di 0,86, per il rame di 0,87, per il legno di 0,86. Su orizzonti diversi queste correlazioni variano poco e restano comunque molto elevate.

Secondo le normali leggi di domanda e offerta, non dovrebbe esserci molta relazione tra questi prezzi, perché, come spiega il Csc, i mercati fisici delle commodity sono in gran parte slegati. «Naturalmente, c’è una componente comune di fondo nei prezzi, data dalle fasi di crescita e caduta del Pil e degli scambi a livello mondiale, che spingono tutte le commodity. Tuttavia, questo» – si legge nel rapporto – «difficilmente può spiegare correlazioni così elevate tra commodity tanto diverse».

D’altro canto numerose commodity, quotate su mercati internazionali, come il petrolio, fungono anche da asset finanziari. «Asset su cui» – prosegue il Csc – «i grandi operatori finanziari internazionali realizzano acquisti e vendite, spesso appunto molto correlate, legate o meno agli effettivi fondamentali economici dei singoli mercati o solo alle aspettative comuni sulla ripresa/recessione globale. Quella che si definisce ‘speculazione finanziaria’, spesso responsabile dell’accentuazione delle oscillazioni che normalmente caratterizzano una quotazione di mercato».

«Nella misura in cui i prezzi delle altre commodity seguono al rialzo quello del petrolio e se è vero che il prezzo del petrolio si stabilizzerà entro il 2021» – continua il Csc – «allora lo scenario per le commodity non dovrebbe essere troppo preoccupante, perché il rialzo dovrebbe essere temporaneo». Secondo Confindustria, però, in alcuni mercati i prezzi potrebbero restare troppo elevati nel medio termine, quindi ben oltre il 2021. «Specifici settori industriali in Italia, utilizzatori di tali commodity, potrebbero risentirne molto sul fronte dei costi e dei margini».

Per la prima metà del 2021, lo scenario più probabile è che i rincari delle commodity vengano registrati con forza nei costi per input delle imprese industriali, spingendoli pesantemente verso l’alto. «Le imprese faranno ancora molta fatica a ritoccare al rialzo i listini industriali nel contesto di domanda bassa, per cui l’andamento dei prezzi di vendita sembra destinato a restare piuttosto debole, sicuramente più del costo degli input. A parità di andamenti negli altri costi (lavoro), ciò rischia di comprimere bruscamente i margini delle imprese italiane» – prosegue Confindustria.

Nella seconda metà del 2021, invece, se i rialzi delle commodity saranno almeno in parte temporanei o se comunque non si tratta di un processo prolungato di rincari la situazione per i margini industriali potrebbe gradualmente migliorare. E questo anche grazie all’atteso rimbalzo dell’economia dal terzo trimestre.

Il problema degli aumenti, anche se temporaneo, si va a sommare a fatturati già in calo nel 2020, con conseguenti problemi di liquidità delle imprese. «Infatti, l’assottigliarsi del mark-up, per ogni unità di prodotto venduto, andrebbe a comprimere il cash flow generato dalle imprese anche nel corso del 2021, aggravando una situazione già molto difficile» – conclude il Csc.

di: Alessia MALCAUS

FOTO: ANSA/EPA/RONALD WITTEK

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