
“Per una transizione ecologica serve innanzitutto una transizione burocratica”. Il ministro ha già presentato a Draghi un decreto di semplificazione delle norme
«Il nome Recovery Plan dà l’idea che stiamo mettendo una toppa a qualcosa che è andato storto. Preferisco Next Generation Eu e vorrei che agli italiani arrivasse un altro tipo di messaggio: questo è un progetto più ambizioso della semplice ripresa post pandemia, vuole impostare il futuro del Paese per le generazioni a venire». Ne è convinto il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani che, in una intervista a La Repubblica, ha spiegato in cosa consisterà la rivoluzione verde indicata nel documento. «Circa cinque miliardi – sottolinea – saranno dedicati ad agricoltura ed economia circolare, 15 alla tutela dei territori e delle risorse idriche, 15 all’efficienza energetica degli edifici e quasi 24 alla transizione energetica e alla mobilità sostenibile. Gli ultimi due capitoli sono il fulcro del cambiamento che vogliamo innescare con queste misure».
L’obiettivo, anche seguendo l’impegno dell’Ue di voler ridurre del 55% le emissioni di anidride carbonica entro il 2030, è di installare 65-70 gigawatt di energie rinnovabili entro i prossimi 10 anni (oggi sono circa 54 gigawatt, ndr). Nel 2030 il 70-72% dell’elettricità dovrà essere cioè prodotta prevalentemente da centrali eoliche o fotovoltaiche. Il restante 28% dell’elettricità, invece, verrà prodotto con gas naturale che è un combustibile fossile però. «Sì, ma nella combustione emette molta meno CO2 rispetto al carbone, che è il nostro nemico numero uno . ha spiegato il ministro. – Il gas, inoltre, darà stabilità alla rete elettrica: un sistema basato su eolico e solare è per definizione discontinuo perché dipende dal vento e dal sole. Se non ci sono non c’è energia. In quei casi potrà essere usato il gas per soddisfare il fabbisogno di energia». E ci sarà spazio ovviamente anche per l’idrogeno, anche se con tempi più lunghi. «Non possiamo perdere il treno dell’idrogeno ed infatti destineremo 3,4 miliardi del Pnrr a questo settore – ha detto Cingolani. – Ma la verità è che non siamo pronti: se degli extraterrestri sbarcassero sulla Terra con tutto l’idrogeno dell’Universo, noi sapremmo cosa farcene, non sapremmo come stoccarlo, come trasportarlo, come utilizzarlo. E comunque per produrre idrogeno, cioè per estrarlo dall’acqua, ci vuole energia: sarebbe paradossale usare i combustibili fossili per fare l’idrogeno. Anche per questo è cruciale accelerare sulle fonti rinnovabili: quando supereremo la soglia del 70% potremo usarle anche per fare idrogeno». Quindi per alcune attività particolarmente energivore, penso alle acciaierie o ai cementifici, abbiamo immaginato un percorso più rapido. Gli altiforni per esempio, anziché essere alimentati a carbone, potrebbero essere elettrificati. In una prima fase l’elettricità necessaria potrebbe essere prodotta con il gas e poi con l’idrogeno. Ma perché l’idrogeno diventi un vettore energetico diffuso nella società ci vorranno tempi più lunghi. Succederà quando saremo diventati molto bravi a produrre energia da fonti rinnovabili».
Ma per realizzare la transizione ecologica servirà anche quella burocratica. Cingolani ha già presentato al presidente del Consiglio Mario Draghi la bozza del suo decreto per la semplificazione delle norme con tempi più veloci per la Valutazione di impatto ambientale, per le rinnovabili e il superbonus, ma anche con più personale per il dissesto idrogeologico e il passaggio dei Forestali sotto il suo ministero.
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: ANSA / MATTEO BAZZI
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