Secondo il Centro Studi Enti Locali, il problema è stata una mancata richiesta da parte dei Comuni dei fondi del Pnrr
Dove si sono concentrati i denari del Fondo di solidarietà comunale disciplinati dal recente decreto interministeriale finalizzato proprio al rafforzamento dei servizi di asili nido per i più piccoli?
Un’elaborazione di Centro Studi Enti Locali (Csel) per Adnkronos, basata sui dati diffusi dal Viminale, ha messo in evidenza come il 65% delle risorse (77.513.904 euro) sia stato assegnato a Comuni del Mezzogiorno, contro i 31 milioni e 613.275 euro delle 5 regioni settentrionali interessate dal provvedimento (Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte e Veneto che si sono spartite il 26% della somma a disposizione) e il 9% delle 4 regioni del Centro che hanno complessivamente catalizzato 10.872.817 euro.
La Campania, da sola, ha intercettato più di 27 milioni, il 23% del totale nazionale. Il fabbisogno stimato nei 491 Comuni campani interessati dal provvedimento è di ben 3.579 utenti aggiuntivi. Seguono la Sicilia, la Lombardia e il Piemonte che necessitano, nell’ordine, di 2.905, 1.542 e 1.325 utenti aggiuntivi. E, ancora, la Puglia (1.277), la Calabria (1.082), il Lazio (885), il Veneto (735), l’Abruzzo (537), la Sardegna (379), l’Emilia Romagna (322), le Marche (253), la Basilicata (224), la Toscana (203), la Liguria (196), il Molise (119) e l’Umbria (76).
A fronte di una popolazione media al di sotto dei 3 anni composta da 1.200.586 bambini nel triennio 2017-2018-2019, gli utenti degli asili nido sono stati solo 312.473, vale a dire il 26% del totale. Un dato in linea con quanto evidenziato nel Piano di ripresa e resilienza italiano.
Il rapporto tra posti disponibili negli asili nido e numero di bambini di età compresa tra 0 e 2 anni – si legge nel documento riportato da Csel – oggi si colloca nel nostro Paese, con forti divari territoriali, in media al 25,5%, ovvero 7,5 punti percentuali al di sotto dell’obiettivo europeo del 33% e 9,6 punti percentuali al di sotto della media europea. «Il dato desolante – avverte Csel – è che, sebbene ci sia un bisogno così forte e universalmente riconosciuto di aumentare quest’offerta, fondamentale anche ai fini di rendere più facile il reinserimento lavorativo di chi ha dei figli, sono servite addirittura due riaperture dei termini per arrivare a un numero di domande che coprissero l’intero stanziamento previsto dal Piano».
L’avviso per attingere alle preziose risorse stanziate per i nidi dal Pnrr, pubblicato il 2 dicembre 2021, è stato infatti – ricorda Csel – uno di quelli che ha avuto, ad oggi, l’iter più travagliato. Alla data della scadenza originaria del bando, il 28 febbraio, erano giunte richieste per i nidi pari a solo 1,2 circa sui 2,4 disponibili. Per correggere il tiro, il ministero dell’Istruzione annunciò 3 giorni dopo che i termini sarebbero stati riaperti fino al 31 marzo e che sarebbero stati organizzati webinar e misure di supporto specifiche per supportare i Comuni che avessero difficoltà nella redazione delle istanze. Neanche questo, però, è stato sufficiente.
Le domande, seppure aumentate significativamente (1.676 contro le 973 del mese precedente, +76%), avevano comunque lasciato sul tavolo 70 milioni di euro. Da lì la decisione di dare una terza chance, stavolta riservata ai Comuni delle Regioni del Mezzogiorno, con priorità a Basilicata, Molise, Sicilia, che avevano presentato meno candidature rispetto al budget che poteva essere loro assegnato in base alle risorse disponibili nel Pnrr.