Tra tre settimane, la possibilità di un aumento di 25 punti base dei tassi è prevista dagli esperti al 94,9% e difficilmente si cambierà direzione
Che si trattasse solo di una pausa momentanea e non di uno stop definitivo, era chiaro ed era stato digerito dai mercati. L’ipotesi che però all’orizzonte ci possa essere una sospensione duratura nel rialzo dei tassi di interesse della Fed sta diventando sempre più verosimile.
Insomma, la strada della politica monetaria della Federal Reserve sembra tracciata. A luglio, tra tre settimane, la possibilità di un aumento di 25 punti base dei tassi è prevista dagli esperti al 94,9% e difficilmente si cambierà direzione.
Del resto a giugno, quando la Banca centrale americana aveva lasciato i tassi di interesse invariati al 5%-5,25% dopo 10 rialzi consecutivi in 15 mesi, il governatore Jerome Powell non aveva lasciato spazio a possibili equivoci: “Il comitato crede chiaramente che ci sia altro lavoro da fare, che ulteriori aumenti dei tassi potrebbero essere appropriati nel corso dell’anno”, aveva detto.
In questa settimana, poi, la pubblicazione dei verbali dell’ultima riunione della Fed ha chiarito ulteriormente il background: in quell’occasione “quasi tutti” i componenti del direttivo avevano votato a favore della decisione di mantenere fermi i tassi, con l’obiettivo di guadagnare tempo e valutare meglio la necessità di ulteriori rialzi. “La maggior parte dei partecipanti”, riportanto le minute, “ha osservato che lasciare invariato l’intervallo di riferimento in questa riunione avrebbe permesso loro di avere più tempo per valutare i progressi dell’economia” verso il ritorno dell’inflazione al 2% dall’attuale livello più che doppio.
Sebbene le previsioni dello staff della Fed prevedano ancora una “lieve recessione” a partire dalla fine dell’anno, l’istituto continua a dover fare i conti con i dati che mostrano un mercato del lavoro ancora rigido e un miglioramento solo modesto dell’inflazione. Tuttavia, proprio dagli ultimi dati sul mercato del lavoro statunitense (pubblicati venerdì 7 luglio), potrebbero consolidare la tesi secondo la quale dopo l’estate si potrebbe arrivare a una sospensione della stretta monetaria americana.
Il mercato del lavoro statunitense, infatti, a giugno cresce meno del previsto: la locomotiva a stelle e strisce ha creato il mese scorso 209.000 posti di lavoro, in frenata dai +306.000 di maggio e sotto i +225.000 attesi dal mercato. Il tasso di disoccupazione cala al 3,6% dal 3,7%, in linea con le stime degli analisti.
“Riteniamo che questo rapporto sia abbastanza forte da mantenere la Fed sulla strada del rialzo a luglio, ma rafforza la nostra idea di base secondo cui l’indebolimento dell’economia (e del mercato del lavoro) potrebbe in ultima analisi impedire alla Fed di effettuare rialzi oltre l’estate”, commenta Tiffany Wilding, Managing Director e Economist di Pimco, per la quale il rapporto sull’occupazione di giugno “è stato più debole del previsto, in quanto l’aumento stagionale dei salari di giugno registrato l’anno scorso è stato assente quest’anno e i licenziamenti sono stati evidenti in diversi settori più deboli. Anche le revisioni del mese precedente sono state negative, riducendo la media mobile a 3 mesi degli aumenti mensili dei salari a 240 mila rispetto alle 280 mila del mese scorso (prima delle revisioni). Altrove – conclude l’analista – il tasso di disoccupazione è salito e l’inflazione dei salari orari medi è cresciuta del 4,4% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, invariata rispetto al mese precedente”.
Gero Jung, Chief economist di Mirabaud AM, fa notare che “negli Usa l’inflazione sta scendendo ulteriormente” e che, nel complesso, “si tratta di notizie incoraggianti per la Fed”, ma “continuiamo a ritenere che la pausa iniziata a giugno sarà probabilmente prolungata per tutto l’anno, anche se una mossa di 25 punti base a luglio non è da escludere”.
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