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Economia

Emergenza acqua, serve un investimento da 48 miliardi

Giulia Guidi
1 Settembre 2023
Emergenza acqua, serve un investimento da 48 miliardi
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Il 2022 è stato per l’Italia l’anno meno piovoso e più caldo degli ultimi 60 anni (-31% di risorsa disponibile rispetto all’anno prima) Contro siccità, sprechi e cambiamenti climatici serve […]

epa10760242 A harvested wheat field displays prominent cracks on its surface due to the effects of extreme dryness near Hockenheim, Germany, 21 July 2023. Germany has been affected by the heatwave influencing Europe.  EPA/RONALD WITTEK

Il 2022 è stato per l’Italia l’anno meno piovoso e più caldo degli ultimi 60 anni (-31% di risorsa disponibile rispetto all’anno prima)

Contro siccità, sprechi e cambiamenti climatici serve un pacchetto di investimenti da 48 miliardi di euro in 10 anni per la salvaguardia del ciclo idrico e della produzione di energia idroelettrica, in grado di generare ulteriori ricadute indirette pari a 77 miliardi di euro.

Emerge dalla ricerca “Acqua: azioni e investimenti per l’energia, le persone e i territori”, realizzata da The European House – Ambrosetti in collaborazione con A2A, presentato oggi nell’ambito del Forum di Cernobbio da Renato Mazzoncini, amministratore delegato e direttore generale di A2A e Lorenzo Tavazzi, Partner e Responsabile Scenari e Intelligence di The European House – Ambrosetti.

Il 2022 è stato per l’Italia l’anno meno piovoso e più caldo degli ultimi 60 anni (-31% di risorsa disponibile rispetto all’anno prima), e il 2023 vede l’alternanza tra la coda siccitosa del 2022 e precipitazioni intense e fortemente concentrate (+50,2% medio annuo negli ultimi 20 anni) con allagamenti (+26,4% medio annuo nello stesso periodo), indice di una tropicalizzazione del clima italiano che necessita di una maggiore attenzione nel dibattito pubblico del Paese (nella prima metà del 2023 questi fenomeni sono già aumentati del 130% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). In questo quadro, l’analisi riporta una perdita stimata del 31% delle risorse idriche (36 miliardi di m3 in meno) nel 2022 rispetto al 2021.

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Si tratta di volumi equivalenti a 4 volte il lago di Bolsena (9,2 miliardi di m3) o 60 volte il lago Trasimeno (0,6 miliardi di m3). In termini di volumi effettivamente disponibili per i vari utilizzi finali, si stima un calo di 7,1 miliardi di m3 in un anno, con impatti negativi sul settore agricolo, civile e industriale.

Per far fronte alla situazione di emergenza, gli operatori del settore hanno a disposizione una combinazione di linee di intervento mirate su cui investire per recuperare volumi e rendere più resiliente il sistema ai fenomeni idrici estremi. In particolare, secondo lo studio, si tratta di: valorizzazione del riuso della risorsa, soprattutto in ambito agricolo, in cui la piena copertura di tutti gli abitanti italiani e dei relativi carichi inquinanti abiliterebbe 5,4 miliardi di m3 aggiuntivi di volumi idrici depurati ogni anno (raggiungendo un valore totale di 14,4 miliardi di m3); la riduzione delle perdite di rete nella fase di distribuzione, con l’obiettivo di raggiungere il tasso di dispersione idrica medio europeo del 25%, e il contenimento dei consumi civili, attraverso un’azione di miglioramento della consapevolezza e un maggiore tracciamento di informazioni, anche grazie ad una maggiore diffusione degli smart water meter individuali (oggi in Italia al 4% contro una media europea del 49%), abiliterebbero complessivamente 1,6 miliardi di m3 di volumi idrici, che attualmente vanno perduti; la crescita della capacità di recupero delle acque meteoriche, attraverso l’autorizzazione di volumi aggiuntivi nelle grandi dighe e la costruzione di piccoli bacini di raccolta.

In quest’ottica, l’implementazione del Piano Laghetti/Piano Bacini e l’autorizzazione dei volumi aggiuntivi nelle grandi dighe renderebbe possibile aumentare la raccolta delle acque di 2,5 miliardi di m3. La combinazione delle linee di efficientamento del sistema idrico nazionale, a fronte di un investimento cumulato di 32,9 miliardi di euro, genererebbe un risparmio idrico di 9,5 miliardi di m3. Non solo: la riduzione stimata dei volumi idrici immessi in rete proveniente dall’efficientamento delle perdite e dal contenimento dei consumi porterebbe anche a un beneficio in termini di energia risparmiata pari a 1,4 TWh annui.

Investire nel settore idrico, inoltre, significa attivare filiere di fornitura e subfornitura adiacenti: ogni euro investito nel settore genera infatti 1,6 euro di ulteriori ricadute economiche positive nei settori contigui. Di conseguenza, l’investimento necessario stimato di 32,9 miliardi di euro genererebbe ulteriori ricadute economiche indirette per il Paese pari a 52 miliardi di euro.

Sul fronte della produzione di energia idroelettrica, la siccità record del 2022 ha determinato una produzione lorda idroelettrica nazionale pari a 30,3 TWh, significativamente inferiore della media del decennio 2012-2021 (48,4 TWh2). La perdita di produzione dell’Italia ha rappresentato da sola il 25% della riduzione totale europea di produzione idroelettrica del 2022. Per trovare così basso bisogna risalire al 1954, considerando però un parco idroelettrico con una potenza di 3 volte inferiore a quella attuale. Dalla ricerca emerge inoltre che, anche con il massimo dispiegamento di solare ed eolico, senza il pieno apporto dell’idroelettrico il nostro paese non potrebbe raggiungere gli obiettivi di quota di rinnovabili sul fabbisogno elettrico nazionale stabiliti dalla bozza del nuovo PNIEC (pari al 65%).

Per contenere gli effetti dei fenomeni idrici estremi sul settore energetico, gli operatori possono efficientare l’esistente e realizzare nuove infrastrutture.

Nella ricerca sono state identificate 5 linee di investimento prioritarie: costruzione di nuovi pompaggi idroelettrici sfruttando gli invasi già esistenti. Installando 3,2 GW di nuovi pompaggi in Italia si potrebbe garantire l’assorbimento di “overgeneration” per circa 2 TWh a fronte di investimenti complessivi per 8 miliardi di euro. A questo vanno aggiunti interventi per valorizzare in ottica energetica i rilasci degli invasi esistenti a scopo irriguo da cui è stata stimata una potenza idroelettrica aggiuntiva pari a 350 MW, per una produzione idroelettrica addizionale di 1 TWh e un volume di investimento totale pari a circa 875 milioni di euro.

Si deve poi intervenire sul repowering degli impianti idroelettrici esistenti con potenza aggiuntiva stimata pari a 1,6 GW, per una produzione idroelettrica addizionale di circa 4 TWh e un volume di investimento totale pari a circa 560 milioni di euro. Altro intervento è la realizzazione di nuovi impianti mini-idroelettrici per una potenza addizionale di circa 700 MW, stimati sulla base del potenziale massimo di installazione e del trend degli ultimi anni, che supporta una produzione idroelettrica aggiuntiva pari a circa 1,8 TWh e un volume di investimento totale di circa 2,8 miliardi di euro. Infine, mettere in campo interventi per valorizzare in ottica energetica il ruolo dei fiumi e dei bacini alpini e appenninici.

Ad oggi, infatti, circa il 90% dei corsi d’acqua alpini e appenninici idonei è sfruttato per la produzione di energia idroelettrica. Impiegando anche la quota rimanente attualmente non utilizzata, tramite la realizzazione di nuovi bacini connessi, sarebbe possibile produrre 3,7 TWh aggiuntivi di energia idroelettrica, con un investimento totale che potrebbe arrivare a circa 3 miliardi di euro.

Complessivamente, portando a sintesi le 5 linee di intervento suggerite gli operatori industriali potrebbero abilitare un recupero di circa 12,5 TWh (73% della produzione idroelettrica persa nel 2022), a fronte di un investimento complessivo di circa 15 miliardi di euro. Grazie alle ricadute positive indirette sui settori attigui – circa 25 miliardi di euro e generati dagli investimenti nella filiera energetica (pari a 1,64 euro ulteriori per ogni euro investito) – la ricchezza totale distribuita sul territorio nazionale sarebbe complessivamente di circa 40 miliardi di euro.

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(foto ANSA)

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