La Bce finora si è mossa bene e nei tempi giusti, perché se avesse alzato i tassi prima dell’estate 2022, come invocato da più parti come ricetta alternativa per ottenere un minore impatto sull’economia dalla stretta monetaria e dall’alta inflazione del 2022 e 2023, ci sarebbe stato “un prezzo da pagare” in termini di crescita economica. E’ quanto sostiene il capo economista dell’istituto, Philip Lane.
Al termine del suo intervento alla conferenza annuale The ECB and its Watchers a Francoforte, ha presentato un documento con dei modelli di previsione in base al quale, se la Bce avesse portato i tassi al 4% già nel 2022 (livello invece raggiunto a metà 2023), mantenendoli poi fino ad oggi, l’inflazione sarebbe scesa sotto il 2% già quest’anno, ma ci sarebbe stata una deviazione di quasi tre punti percentuali rispetto all’output gap (la differenza fra il Pil potenziale e quello effettivo) nel 2022 e 2023, e di due punti sul 2024. Scenario ancora più drastico nel caso di un rialzo dei tassi fino al 6% nel 2022, con una deviazione sull’output gap che avrebbe superato il 6% nel 2023.
Oggi allo stesso evento ha parlato anche la Lagarde che ha indicato giugno come il momento giusto per operare il primo taglio. Quindi nella riunione di aprile rimarrà tutto così com’è.