Le recenti elezioni in Russia, a prescindere dal risultato scontato, hanno messo in luce molte realtà economiche che, tra inflazione e guerra in Ucraina, con il tempo potrebbero acuirsi ed avere risvolti non solo per Mosca ma anche, se non soprattutto, per il mondo intero. Quali potrebbero essere le conseguenze, a livello geopolitico, di un assetto focalizzato sempre più su due blocchi contrapposti? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Bergonzi Financial Markets Content Specialist di Investing.com.
La vittoria praticamente scontata di Putin alle ultime elezioni (consenso record oltre l’87%) quali conseguenze potrebbe portare sul fronte delle alleanze, soprattutto economiche, tra la Russia e i suoi principali alleati?
«Se il risultato era scontato è stato interessante osservare come gli altri Stati hanno accolto l’esito elettorale. Le singole reazioni, infatti, ci aiutano a capire qual è la rete delle alleanze su cui la Russia può contare. E la lista dei Paesi che si sono congratulati con Putin, nonostante gli sforzi di Europa e Stati Uniti, è ampia. Si va da India e Pakistan, acerrimi nemici ma che concordano sull’opportunità economica di tenersi ben stretta l’amicizia russa, all’Arabia Saudita che collabora con Mosca all’interno dell’Opec+. Ma nel mondo islamico spiccano anche gli auguri di Iran, Emirati Arabi Uniti e Qatar. C’è poi l’Algeria che intanto ha sostituito la Russia nel commercio di gas con Italia ed Europa, e la Turchia che con Mosca si spartisce diverse sfere d’influenza in Medio Oriente e Africa del Nord. Ovviamente non potevano mancare i complimenti della Cina, seguita da Cuba, Venezuela e Corea del Nord. La vittoria di Putin è stata celebrata anche da tutti quegli stati dell’Africa dove la Russia ha interessi strategici e militari, soprattutto nella parte centro occidentale. Ma a preoccupare l’Europa sono soprattutto le congratulazioni dell’Ungheria di Orban che ha spaccato un fronte per il resto unito nel definire le elezioni russe una farsa.»
Nel 2022 le previsioni sul Pil di Mosca parlavano di un calo dell’8,5% e nel 2023 del 2,3% ma i dati definitivi evidenziano un Pil 2022 in calo solo del 2,1% e per il 2023 addirittura salito del 3%. Cosa è successo?
«L’economia russa è spinta da una politica fiscale espansiva dovuta al forte aumento della spesa pubblica nel settore della difesa per sostenere la guerra con l’Ucraina. Poi è evidente che le sanzioni imposte dall’Occidente hanno avuto un effetto meno pesante del previsto. Da un lato la Banca centrale russa ha intrapreso misure volte a contrastare le sanzioni e dall’altro lo Stato ha rafforzato i rapporti commerciali con gli importanti partner elencati in precedenza».
Alla fine del 2023 il rublo risultava una delle valute con la migliore performance a livello internazionale. Qual è la fotografia che si può fare oggi?
«Dopo il crollo del 2022 il rublo è tornato ai livelli pre-guerra. Il risultato è stato raggiunto grazie al lavoro della Banca centrale russa che ha alzato i tassi d’interesse fino al 16% attuale per difendere il valore della moneta e combattere l’inflazione. Ma l’aumento dei prezzi è un problema sistemico per la Russia e al momento supera il 7%, quasi il doppio rispetto all’obiettivo del 4%. Per questo, la governatrice Elvira Nabiullina ha detto che i tassi verranno mantenuti a livelli restrittivi ancora a lungo. Tra i problemi principali che spingono i prezzi al rialzo ci sono la forte domanda dei consumatori e la carenza di manodopera».
Quali possono essere, sulla base della situazione attuale che vede Vladimir Putin ormai al quinto mandato, le prospettive per l’economia russa nel medio-lungo termine?
«La banca centrale russa prevede una crescita del Pil dell’1-2% quest’anno, mentre il Fondo monetario internazionale stima che l’economia crescerà del 2,6% nel 2024. Tuttavia, una politica espansiva basata sull’economia di guerra è difficilmente sostenibile nel lungo periodo. Molto dipenderà anche dalle relazioni commerciali che la Russia sta portando avanti con i partner “alternativi” all’Occidente».
Con Putin ancora al potere è confermata anche la guerra in Ucraina. Quale potrebbe essere l’impatto economico sul Pil mondiale del prolungarsi del conflitto?
«Gli effetti della guerra sono quelli con cui abbiamo imparato a fare i conti negli ultimi anni: crisi umanitaria, problemi di approvvigionamento energetico e alimentare, inflazione, aumento dei tassi d’interesse e così via. La sfida degli Stati continuerà a essere quella di aggirare questi ostacoli attraverso nuovi accordi commerciali e decisioni politiche che tuttavia al momento non contemplano la via del dialogo tra schieramenti opposti, facendo pensare che il conflitto andrà avanti ancora a lungo. Ma gli shock improvvisi con cui abbiamo dovuto fare i conti negli ultimi anni ci insegnano che non si può mai dare nulla per scontato».
Soprattutto se, – sottolinea Bergonzi – appena archiviate le elezioni russe, alla porta ci sono già le molto meno prevedibili presidenziali americane.