Berlino sempre più anello debole dell’Europa. Sullo sfondo di dati macro ben poco incoraggianti, ora la Germania deve fare i conti anche con una crisi politica che rischia di prolungare una situazione economica già di per sè molto delicata. Cosa aspettarsi nel prossimo futuro da e per l’economia teutonica, un tempo locomotiva del Vecchio Continente? A rispondere è Alessandro Bergonzi Financial Markets Content Specialist di Investing.com.
Da tempo la Germania si trova a dover combattere contro i fantasmi sempre più concreti di una recessione. È possibile scattare una fotografia della condizione economica attuale alla luce degli ultimi dati macro pubblicati?
«La Germania sta andando in contro al secondo anno di recessione consecutivo, con una contrazione del PIL stimata dello 0,2% per il 2024, dopo la flessione dello 0,3% nel 2023. Tra i paesi avanzati la Germania è l’unico in recessione e le prospettive per il 2025 non sono rosee. Per attenerci solo agli ultimi dati, la produzione industriale a settembre ha visto un calo del 2,5% e del 4,6% su base annua. Le esportazioni, che rappresentano una componente economica cruciale per Berlino, sono scese dell’1,7% a settembre, andando anche peggio del previsto 1,4%».
Quali sono le cause che hanno trasformato quella che un tempo era la locomotiva d’Europa nell’anello debole dell’Eurozona? Quanto ha influito il rallentamento della domanda cinese?
«Fattori come la stagnazione della produttività che va avanti da oltre cinque anni, l’elevato costo dell’energia e la forte dipendenza dall’export, duramente penalizzato dai colli di bottiglia che si sono creati durante la pandemia, hanno contribuito al declino tedesco. Inoltre, gli sviluppi geopolitici hanno rappresentato la tempesta perfetta per l’economia tedesca. Da un lato la guerra in Ucraina ha interrotto le forniture di gas russo. L’economia della Germania è storicamente trainata dall’industria pesante, con le aziende automobilistiche e dell’acciaio in testa. Si tratta di settori particolarmente energivori che hanno subito l’aumento dei prezzi dei combustibili fossili da cui dipendono. Dall’altro la crisi economica in Cina ha ridotto la domanda per i prodotti tedeschi. La forte interconnessione con Pechino, che negli anni ha offerto un mercato florido per le esportazioni e una fonte di componenti a basso costo, è ora una vulnerabilità. La Cina è alle prese con proprie difficoltà economiche, inclusa una crisi del settore immobiliare e una politica “zero Covid” che ha limitato la produzione e la domanda interna negli ultimi anni e per cui la ripresa si sta rivelando più difficile del previsto. Anche il sistema economico strutturato pesantemente sull’export e le relazioni commerciali tedesche risentono del ritorno delle politiche protezionistiche globali. La Germania, proprio per la sua amicizia con la Cina, si trova in una posizione scomoda con gli Stati Uniti a causa della lotta commerciale tra le due potenze».
Quali potrebbero essere i riflessi della debolezza economica tedesca sull’Italia? E sull’Europa?
«La Germania è la prima economia europea e la terza al mondo per dimensioni di Pil. Solo questi due dati rendono già l’idea delle possibili conseguenze della crisi. Per l’Italia, la contrazione economica tedesca è particolarmente preoccupante. La Germania non solo è il suo principale partner commerciale, ma il rallentamento dell’industria tedesca implica una diminuzione nelle commesse di componenti provenienti dall’Italia, specialmente nel settore automobilistico, che rappresenta una quota significativa delle esportazioni italiane. A livello continentale, la Germania da sola rappresenta circa un quarto del pil dell’Eurozona, e la sua economia è molto interconnessa con quella degli altri Stati membri visto che quasi due terzi delle importazioni tedesche arrivano da Paesi del Vecchio Continente. Per questo, per quanto possano spingere altre nazioni, ad esempio la Spagna adesso sta crescendo molto più della media (+3,4% annuo nel terzo trimestre), è impossibile che le difficoltà di Berlino non siano limitanti».
In questi giorni il governo di Berlino deve combattere anche contro una crisi politica che, sebbene si sia presentata solo ora, era attesa da tempo vista la fragilità della coalizione semaforo. Quali sono le cause alla base di questa crisi? E quali potrebbero essere i possibili sviluppi? La prospettiva di eventuali elezioni anticipate potrebbe avere conseguenze nell’immediato sull’economia tedesca?
«La crisi politica attuale in Germania segnala profonde divisioni interne nella coalizione di governo SPD, FDP e Verdi. Gli alleati di governo si sono divisi tra la necessità di stimolare l’economia attraverso l’indebitamento, opzione sostenuta dai Verdi e dai Socialdemocratici, e la rigidità fiscale dell’FDP, che non solo in Europa ma anche all’interno del proprio Paese mantiene una linea da “falco”, continuando a essere contrario all’aumento del debito. Le elezioni anticipate previste per febbraio 2025 potrebbero intensificare l’incertezza e ritardare l’attuazione di politiche economiche decisive, facendo vacillare ulteriormente la fiducia degli investitori e la stabilità del mercato».
Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca si riaccendono i timori di un inasprimento delle tensioni commerciali sia con la Cina che con l’Europa. Cosa significherebbe per Berlino?
«Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe aggravare ulteriormente la situazione economica tedesca. I dazi proposti del 10% sulle importazioni europee e fino al 60% su quelle cinesi potrebbero danneggiare gravemente il settore delle esportazioni tedesche, in particolare le automobili, che rappresentano una parte consistente delle esportazioni verso gli USA. Il presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, ha sottolineato che queste misure potrebbero costare alla Germania fino all’1% del suo pil, una cifra significativa per un’economia già in difficoltà. Questa pressione aggiunta potrebbe forzare la Germania a rivedere le sue politiche economiche, spostando l’attenzione sull’espansione della domanda interna e degli investimenti, una strada che però è ostacolata dal rigido quadro fiscale e dalla necessità di mantenere l’equilibrio di bilancio. La situazione impone una riflessione urgente sulle strategie di diversificazione economica e sulla costruzione di un’economia più resiliente. E non è un caso che la crisi di governo si sia aperta proprio all’indomani dell’elezione di Donald Trump».
Come ultima considerazione Bergonzi ricorda che se è vero che serve invertire la rotta per risollevare l’economia tedesca, bisogna però vedere se il nuovo governo sarà in grado di prendersi la responsabilità.