Le Borse internazionali sembrano avvertire solo parzialmente, e per giunta in ritardo, i pericoli dell’escalation in Medio Oriente. A Wall Street la reazioni sono salite dopo la notizia di una possibile richiesta di cessate il fuoco da parte iraniana. Notizia poi smentita dallo stesso primo ministro Benjamin Netanyahu secondo cui Israele “non farà marcia indietro” sull’eliminazione del programma nucleare iraniano. Non solo ma lo stesso Netanyahu sembra abbia successivamente rincarato la dose prospettando addirittura la volontà dell’eliminazione fisica dell’ayatollah Khamenei.
Alcuni analisti, tuttavia, avvertono che gli investitori globali potrebbero sottovalutare l’impatto di un conflitto tra Israele e Iran. Una conferma arriverebbe dal fatto che, a Wall Street, al quarto giorno di conflitto, le quotazioni dei beni rifugio hanno registrato un calo alla fine della giornata di contrattazione. La paura è quella di una possibile sottovalutazione sia del conflitto che della sua durata con un conflitto che potrebbe durare più a lungo di quanto solitamente i mercati siano abituati. Molte, forse troppe, le variabili che intercorrono, in generale, nei conflitti mediorientali. Ma non sono solo i mercati USA ad avere un atteggiamento positivo. Paradossalmente anche gli indici mediorientali hanno registrato dei rialzi con l’indice di Tel Aviv 35 in aumento dell’1% dopo un calo dell′1,5% la scorsa settimana.
Anche la borsa di Tokyo ha chiuso con un rialzo che sfiora lo 0,6% sebbene il risultato dipenda in gran parte dalla decisione della Banca del Giappone di lasciare i tassi d’interesse invariati a fronte dell’incertezza economica alimentata dalla guerra commerciale.
Solo oggi, di fronte ad un perdurare delle ostilità, i mercati hanno avvertito la pressione. I primi sono stati quelli europei con un arretramento che per il FTSE MIB è stato di -1,35% mentre a Parigi si è visto cun Cac 40a -0,86%, a Francoforte il Dax è sceso dell’1,22% mentre a Madrid l’Ibex ha sofferto un -1,57%. A permettere una presa di coscienza dei mercati potrebbe essere stata la partenza anticipata del presidente USA Donald Trump dal vertice canadese del G7 e il suo invito alla popolazione iraniana di sgomberare la capitale Teheran. Un gesto che è stato criticato da Pechino. La Cina infatti, ha accusato Trump di “versare benzina” sul conflitto interpretando le sue minacce come elementi che non avranno altra conseguenza oltre quella di “intensificare e ampliare il conflitto” come confermato dal portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun.
I mercati energetici sono stati quelli che hanno registrato le maggiori oscillazioni in seguito alle notizie sugli attacchi, poiché il conflitto ha alimentato le preoccupazioni relative al possibile approvvigionamento della materia prima. Da ricordare, infatti, che lo stretto di Hormuz, dal quale transita circa il 40% del petrolio mondiale, è sotto controllo iraniano anche se secondo quanto dichiarato da Philippe Gijsels, responsabile della strategia di BNP Paribas Fortis alla CNBC, sarebbe da escludere un coinvolgimento degli Stati Uniti o il blocco dello stretto di Hormuz.