
Descrizioni e sigle spesso generiche e superficiali
Il settore enogastronomico è da sempre un punto di forza dell’economia italiana. Paradossalmente, però, in alcuni casi (tanti in realtà) sono proprio gli italiani a non saper valorizzarlo. Un primo esempio arriva dal settore caseario che da solo rappresenta 4,68 miliardi di euro di valore alla produzione.
Non solo ma considerando le varie sigle DOP IGP e SGT rappresenta il 59% del valore del cibo del Paese. Partendo da queste considerazioni è interessante notare, nello specifico, che i formaggi DOP sebbene siano presenti quotidianamente nelle proposte di oltre ¼ dei ristoranti italiani (25,3%), solo uno su 10 (10,2%) ne riporta la corretta denominazione nel menu. Questa una delle conclusioni cui è giunto uno studio di Griffeshield per Afidop che ha preso in esame 21.800 ristoranti.
L’analisi ha puntato i fari su un’adeguata valorizzazione a menu di alcuni grandi nomi del settore caseario e cioè i formaggi DOP italiani: Parmigiano Reggiano, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella Di Bufala Campana, Fontina, Provolone Valpadana, Quartirolo Lombardo, Taleggio, Montasio.
I più richiesti risultano essere Parmigiano Reggiano DOP, Gorgonzola DOP, Grana Padano DOP, Mozzarella Di Bufala Campana DOP (90% delle presenze nei menu). Tra questi, poi, è la mozzarella quella che riesce a strappare più volte la presenza della dicitura DOP sul menu con il 46,5%, Fontina e Taleggio non vanno oltre il 3,5%.
Purtroppo, però, mentre Taleggio, Fontina, Montasio e Gorgonzola sono citati sempre o quasi correttamente, gli altri (Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Quartirolo Lombardo, Mozzarella di Bufala Campana e Provolone Valpadana) vedono invece una dicitura meno precisa. Ancora peggio va per le informazioni che riguardano altri aspetti tipici della lavorazione come, ad esempio, la stagionatura, citata solo in pochissimi casi.
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