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Economia

Golden Power: cos’è e cosa significa oggi per l’Italia

Maria Vincenza D'Egidio
27 Novembre 2024
Golden Power: cos’è e cosa significa oggi per l’Italia
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Alcune notizie di attualità lo hanno riportato al centro dell’attenzione, perché può essere utilizzato dopo l’offerta di UniCredit su Bpm

Nelle ultime ore si sente spesso evocare l’espressione “golden power” a proposito di operazioni economiche in corso, come per esempio l’offerta presentata da UniCredit per l’acquisto di Banco Bpm, riaccendendo il dibattito sull’efficacia e i limiti di uno strumento cruciale per la tutela degli interessi nazionali.

Il golden power, infatti, consente al governo italiano di monitorare e, se necessario, bloccare investimenti che potrebbero compromettere la sicurezza economica e industriale del Paese.

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Lo strumento è stato evocato dal ministro Giorgetti dopo l’offerta, da parte dell’Ad di UniCredit Orcel, di acquisire il Banco Bpm per 10 miliardi. Se l’operazione andasse a buon fine, morirebbe sul nascere il progetto del terzo polo bancario di Bpm con Monte dei Paschi voluto dal governo.

I poteri speciali danno al governo la facoltà di porre il veto rispetto all’adozione di determinate delibere, atti e operazioni delle imprese societarie in specifici settori, dettare condizioni in caso di acquisto di partecipazioni in tali imprese, opporsi all’acquisto delle stesse partecipazioni.

Dal golden share al golden power

Il golden power è un meccanismo giuridico introdotto nel 2012 per sostituire la precedente “golden share”.

Mentre quest’ultima dava allo Stato prerogative dirette in alcune aziende strategiche, il golden power permette al governo di intervenire su operazioni societarie in settori considerati sensibili, come difesa, energia e telecomunicazioni.

L’uso di questo strumento è stato ampliato negli anni, includendo anche la sanità, la robotica e la protezione dei dati personali, soprattutto dopo l’emergenza COVID-19.

Un nome inglese per uno strumento tutto italiano

Il termine golden power è un unicum italiano, diverso dal più comune “foreign investment control” usato all’estero.

La differenza terminologica riflette un’impostazione unica: il golden power tutela gli asset strategici a prescindere dalla nazionalità dell’investitore, purché l’operazione rischi di danneggiare l’interesse nazionale. È uno strumento che cerca di bilanciare la libera circolazione dei capitali, obbligatoria nell’Unione Europea, con la necessità di proteggere settori chiave per il Paese.

Ma come funziona, in pratica, il golden power

Il golden power impone alle aziende di comunicare alla Presidenza del Consiglio qualsiasi operazione che coinvolga asset strategici. Questo vale per investitori esteri che acquisiscano una quota significativa o il controllo di una società italiana. Il governo ha il potere di bloccare, modificare o condizionare l’operazione.

Ad esempio, in caso di acquisizioni che riguardino le infrastrutture di comunicazione o l’approvvigionamento energetico, l’obiettivo è prevenire rischi per la sicurezza nazionale.

Golden power: pro e contro

Il golden power non è privo di critiche. Da un lato, risulta uno strumento utile per evitare che aziende strategiche finiscano in mani non allineate con gli interessi nazionali; dall’altro il suo uso eccessivo potrebbe, secondo alcuni, scoraggiare gli investimenti esteri, fondamentali per la ripresa economica.

Secondo i sostenitori di questa tesi il golden power dovrebbe integrarsi con politiche industriali ampie, capaci di rafforzare il tessuto produttivo nazionale senza limitarsi alla semplice difesa dell’italianità.

L’Ops di UniCredit su Bpm

Lunedì 25 novembre UniCredit aveva promosso un’offerta pubblica di scambio volontaria sulla totalità delle azioni di Banco Bpm. Il controvalore complessivo dell’offerta di UniCredit nei confronti di Banco Bpm, sempre in caso di integrale adesione, sarà di 10.086.832.606 euro.

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L’ importo è pari alla valorizzazione “monetaria” del corrispettivo, cioè 6,657 euro per azione di Banco Bpm. La cifra tiene conto anche del prezzo ufficiale delle azioni di UniCredit nell’ultima seduta di venerdì scorso che è pari a 38,041 euro.

Orcel: “Europa ha bisogno di banche più forti”

L’aggregazione di Banco Bpm con UniCredit permetterebbe di aumentare le potenzialità dei due gruppi in Italia e li renderebbe terza banca europea per capitalizzazione di mercato

«L’Europa ha bisogno di banche più forti e più grandi che la aiutino a sviluppare la propria economia e a competere contro gli altri principali blocchi economici – ha dichiarato il ceo di UniCredit Andrea Orcel nella nota in ci ha annunciato l’Ops su Banco Bpm – Grazie al lavoro svolto negli ultimi tre anni, UniCredit è ora ben posizionata per rispondere anche a questa sfida».

Foto: Imagoeconomica

L’offerta di UniCredit a Banco Bpm ha travolto il progetto fortemente voluto dal governo di un terzo polo con Bpm e Monte dei Paschi. Banco Bpm, l’istituto guidato da Giuseppe Castagna, ha il 5% della banca senese ed era in predicato per un’aggregazione, allo scopo di costituire il terzo polo bancario, oltre ad avere lanciato lo scorso 6 novembre un’opa su Anima.

E sul tema del terzo polo l’Ad di UniCredit Andrea Orcel ha fatto sapere di non avere “ambizioni su Mps“.

Giorgetti evoca il golden power

A questo punto, con il timore che l’operazione di UniCredit potesse far saltare il progetto del governo sul terzo polo, emerge l’ipotesi della golden power. Inizialmente introdotto per gli investimenti stranieri, lo strumento si occupa di tutelare gli asset strategici nazionali che potrebbero finire nelle mani di investitori stranieri.

Foto: Ansa

Dal 2022 la norma di riferimento che regola l’applicazione della golden power è stata estesa e comprende anche operazioni di acquisizione di società italiane da parte di imprese italiane, limitatamente ai settori dell’energia, trasporti, salute, agroalimentare e finanziario, incluso quello creditizio ed assicurativo.

In questo quadro si inserisce la proposta del ministro dell’Economia Giorgetti di applicare i poteri speciali del governo nell’operazione tra banche italiane.

La norma originaria del 2012

A sancire la golden power è il decreto legge 21 del 2012. Lo scopo originario era la salvaguardia degli asset proprietari e l’intervento sulle attività delle società dei settori strategici per l’interesse nazionale a fronte di investimenti esteri.

I poteri speciali danno al governo la facoltà di porre il veto rispetto all’adozione di determinate delibere, atti e operazioni delle imprese societarie in specifici settori, dettare condizioni in caso di acquisto di partecipazioni in tali imprese, opporsi all’acquisto delle stesse partecipazioni.

Lo strumento inoltre comporta l’obbligo per le imprese interessate di notificare preventivamente al governo le operazioni che intendono compiere, pena forti sanzioni in caso di violazione

I settori nei quali può essere adottata la golden power sono la difesa e la sicurezza nazionale, gli ambiti strategici di energia, trasporti e comunicazioni.

Poi, nel 2019, l’allargamento anche alle reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G e nel 2020 ai settori finanziario, creditizio, assicurativo, energia, acqua, trasporti, salute, sicurezza alimentare, intelligenza artificiale, robotica, semiconduttori, cybersecurity.

Come funziona e quando si applica il GP

Il Golden Power, di fatto, è un’autorità speciale che consente a un Paese di prendere decisioni chiave o di influenzare l’operatività di un’azienda.

Questo potere può essere utilizzato per approvare o respingere fusioni e acquisizioni, limitare la partecipazione di investitori stranieri, imporre restrizioni sul trasferimento di tecnologie sensibili o stabilire requisiti di sicurezza per le imprese del settore strategico.

Il Golden Power può essere applicato in diversi contesti e situazioni. Ad esempio, uno Stato può servirsene per proteggere la propria indipendenza energetica, impedendo a investitori stranieri di acquisire le aziende del settore e minacciare la sicurezza dell’approvvigionamento o la stabilità dei prezzi.

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Può essere utilizzato anche per garantire che le infrastrutture critiche, come le reti di telecomunicazioni o i sistemi di trasporto, rimangano sotto il controllo nazionale per proteggere la sovranità e prevenire possibili minacce alla sicurezza nazionale.

In particolare, il Golden Power può diventare particolarmente rilevante quando sono coinvolte le tecnologie emergenti.

Settori come l’Intelligenza artificiale, la robotica avanzata, la crittografia o la biotecnologia potrebbero richiedere un intervento governativo per garantire che gli sviluppi tecnologici critici non siano sfruttati da entità esterne che potrebbero danneggiare l’economia o la sicurezza del Paese.

In un’epoca in cui la globalizzazione e l’interconnessione rappresentano lo status quo, il Golden Power continua ad essere uno strumento di grande rilevanza e oggetto di dibattito nelle politiche economiche internazionali.

Tuttavia, il suo utilizzo dev’essere calibrato con cura. Da un lato, è necessario proteggere gli interessi nazionali, ma dall’altro è importante preservare un ambiente favorevole agli investimenti stranieri e promuovere la sana concorrenza nel mercato globale.

La trasparenza, la chiarezza e l’equità nella valutazione delle decisioni sono elementi fondamentali per evitare eventuali abusi e favoritismi.

Esempi recenti di applicazione del Golden Power

l 15 giugno scorso, il Governo italiano ha disposto l’esercizio dei poteri speciali di golden power su un’operazione relativa alla governance – all’amministrazione, quindi – della società Pirelli & C. S.p.A., attuata mediante un patto parasociale stipulato tra i due soci di maggioranza (Sinochem, socio cinese che detiene il 37% delle azioni societarie, e Camfin, socio italiano che ne detiene invece il 14%).

Il golden power è uno strumento introdotto nel nostro ordinamento nel 2012 (mediante il d.l. 21/2012). Sostanzialmente, consiste nella possibilità da parte del Governo di esercitare alcuni poteri speciali come porre un veto o disporre condizioni relative a operazioni societarie inerenti a specifici settori strategici.

Foto: Imagoeconomica

Originariamente, la disciplina riguardava settori quali la difesa, la sicurezza nazionale, i trasporti, l’energia e le comunicazioni. Successivamente, il d.l. n. 23/2020 ha ampliato l’ambito oggettivo della disciplina, estendendola anche a: settori finanziario, creditizio e assicurativo; infrastrutture e tecnologie critiche (energia, acqua, salute); sicurezza alimentare; accesso a informazioni sensibili (dati personali); intelligenza artificiale, robotica, cybersicurezza. Più nello specifico, per poteri speciali si intendono, tra gli altri, la facoltà di dettare specifiche condizioni all’acquisto di partecipazioni, di porre il veto all’adozione di determinate delibere societarie, fino anche ad opporsi all’acquisto di partecipazioni.

Il Governo ha poi il potere di porre domande, acquisire documenti, informazioni e qualsiasi altro elemento ritenuto rilevante. Presupposto per l’esercizio di questi poteri è la sussistenza di una minaccia di grave pregiudizio per gli interessi essenziali nazionali.

Questi poteri si attivano in quanto le società devono notificare al Governo una serie di operazioni e delibere societarie inerenti ad aspetti significativi della vita societaria, tra cui eventuali modifiche nell’assetto amministrativo, che possano influire sull’interesse nazionale in diversi settori strategici e che quindi devono essere previamente autorizzate.

La vicenda Pirelli

Nel caso della società Pirelli & C. S.p.A., il Governo italiano avrebbe imposto le proprie condizioni a fronte di un patto parasociale che i due soci di maggioranza avevano stipulato.

Per patto parasociale si intende quell’accordo privato – contratto – stipulato tra due o più soci al fine di realizzare degli obiettivi comuni, quale ad es. la più stabile amministrazione della società.

Nel caso di specie, questo patto prevedeva la riduzione del numero di consiglieri nel CdA (consiglio di amministrazione) fin da subito e a partire dal 2026 la previsione che la Camfin, il socio italiano, avrebbe perso la possibilità di nominare le cariche esecutive della società, come ad es. l’amministratore delegato.

L’intervento del Governo si giustifica nell’ottica di tutelare quel bene strategico nell’impianto societario costituito dai sensori CYBER, impiantabili negli pneumatici, prescrivendo alcune misure a tutela dell’interesse nazionale.

In particolare, questi sensori sarebbero idonei alla raccolta di alcuni dati dei veicoli, come ad es. la geolocalizzazione e lo stato delle infrastrutture. Queste informazioni potrebbero dunque essere adoperate, anche mediante intelligenza artificiale, per creare dei modelli digitali utilizzabili in sistemi all’avanguardia.

La rilevanza strategica nazionale di questi sensori emerge dal fatto che siano usati in diversi settori: automazione industriale, manifattura avanzata, intelligenza artificiale, big data & analytics.

I rischi di uso improprio dei sensori CYBER

La ragione dell’intervento del Governo è quindi da rintracciare nel rischio che potrebbe comportare un uso improprio di questa tecnologia, sia sotto il profilo della sicurezza nazionale, sia sotto quello della protezione dei dati personali, da parte del socio estero.

Infine, come sostenuto dal Governo, le prescrizioni individuate hanno lo scopo di: «creare una rete di misure che tutelano l’autonomia di Pirelli & C. S.p.A e del suo management; la sicurezza delle procedure aziendali; la protezione delle informazioni di rilevanza strategica; il know how posseduto dalla società».

FOTO: Shutterstock
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