Lunedì di speranza quello che si intravede in apertura di mercati. Una speranza che nasce dallo stop di 90 giorni per i dazi deciso nei colloqui tra USA e Cina. La decisione conferma l’allentamento delle tensioni tra le parti. Nello specifico l’intesa prevede un abbassamento dei dazi “reciproci” tra i due Paesi dal 125% al 10%. Resteranno in vigore, invece, i dazi del 20% sulle importazioni cinesi in USA del fentanyl. Alle 15.30 (ora italiana) la firma.
Intanto il presidente USA Donald Trump ha scritto sulla sua piattaforma social Truth «Un ottimo incontro oggi con la Cina, in Svizzera. Molte cose sono state discusse, molte concordate. Un reset totale negoziato in modo amichevole, ma costruttivo» aggiungendo «Vogliamo vedere, per il bene sia della Cina che degli Stati Uniti, un’apertura della Cina agli affari americani. Grandi progressi fatti!!!».
«Abbiamo avuto dei colloqui molto produttivi e credo che la sede, qui sul lago di Ginevra, abbia aggiunto grande serenità a quello che è stato un processo molto positivo» ha affermato il Segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent in una conferenza stampa.
Guardando a Piazza Affari la notizia del giorno è la trimestrale di Unicredit. L’istituto di credito, infatti, annuncia di aver chiuso il miglior trimestre della sua storia. La conferma nei numeri: Rote è al 22% (26% su un CeT1 ratio del 13%), utile netto a +8,3% a 2,8 miliardi e dividendo in crescita del 46,3% a 0,89 euro. In rialzo anche i ricavi (+2,8% a 6,5 miliardi). In virtù di questa fotografia, Unicredit ha alzato l’asticella sulla guidance per il 2025, in particolare sui ricavi netti per il 2025 attesi a circa 23,5 miliardi e un dividendo pari al 50% dell’utile netto. Da una nota pubblicata dalla banca, inoltre, si confermano implicitamente le operazioni in atto, ovvero la scalata a Commerzbank e l’ops su Banco Bpm.
Intanto la settimana che si è chiusa ha visto protagonisti sia la Fed con la sua riunione, che alcune nazioni come Cina e Germania alle quali si sono aggiunte India e Pakistan e l’inasprirsi delle tensioni territoriali per il controllo della regione del Kashmir. Ma partiamo con ordine.
Sullo sfondo di una politica dei dazi che con ogni probabilità continuerà a lungo, l’amministrazione Trump nei giorni scorsi ha deciso di annunciare i primi accordi politici. Il tutto mentre arrivavano notizie relativamente rassicuranti riguardanti l’avvio di negoziati tra USA e Cina.
Prima, in ordine di tempo la Gran Bretagna che in settimana ha firmato una serie di intese con la Casa Bianca. Un’intesa che di fatto mette fine alla guerra commerciale con Londra, guerra che era solo relativa dal momento che le tariffe imposte al Regno Unito non andavano oltre il 10%.
Ma la cosa non sembra aver avuto l’effetto sperato, almeno a livello politico. Infatti mentre i mercati tentavano di trovare serenità, a volte anche riuscendoci, dalla Germania il neo eletto cancelliere tedesco Friedrich Merz ha dichiarato «Meglio zero tariffe tra Ue e Usa». Sottolineando il suo no ad una serie di accordi tra le singole nazioni preferendo, invece, una strategia comune per l’Unione.
Fari puntati anche sullo stesso Friedrich Merz. Non più tardi di martedì, infatti, l’esecutivo teutonico nato dalla coalizione tra l’Unione dei conservatori Cdu-Csu e i socialdemocratici, non ha ottenuto la fiducia al Bundestag. Il no è arrivato con 6 voti di scarto: 310 voti a favore rispetto ai 316 necessari.
Nonostante gli accordi siglati prima delle votazioni, il parlamento tedesco ha rischiato di dare il via non solo ad uno scenario mai visto prima nella storia della politica tedesca ma anche ad una ennesima crisi politica in Germania fortunatamente risoltasi con la fiducia raggiunta alla seconda votazione.
Successivamente, mercoledì, è stata la volta della Federal Reserve statunitense che nella sua ultima riunione ha mantenuto invariato il suo tasso di interesse in un intervallo compreso tra il 4,25% e il 4,5%. Decisione che non è minimamente piaciuta al presidente USA Trump che, come suo solito, non ha lesinato critiche anche aspre e dirette ai vertici della banca centrale a stelle e strisce. Ad allarmare gli analisti, però, sono state le parole del governatore Jerome Powell secondo cui i dazi potrebbero avere un effetto negativo sull’economia. Durante la consueta conferenza stampa Powell ha detto che le tariffe decise da Trump “probabilmente” causeranno un’inflazione più elevata, una crescita economica più lenta e una maggiore disoccupazione. Non solo, sempre durante il colloquio con i giornalisti, Powell non ha esitato a parlare di stagflazione sottolineando che i dazi “reciproci” di Trump erano “sostanzialmente superiori alle aspettative”.
Intanto, da parte sua, il tycoon aveva confermato in più occasioni le tariffe doganali alla Cina nonostante l’avvio dei negoziati a differenza, invece, di quanto si decideva di fare su un fronte vicino, quello delle politiche di esportazione chip dedicati all’Intelligenza Artificiale. La Casa Bianca, infatti, ha confermato di voler abrogare la cosiddetta “regola sulla diffusione dell’IA” che, approvata durante il governo Biden, suddivide i paesi in tre fasce, ognuna con restrizioni diverse per l’invio e il commercio dei chip dedicati all’AI.
Infine momenti di tensione durante tutta la settimana tra India e Pakistan. Le ultime schermaglie, hanno visto il lancio di diversi missili dall’India contro il Pakistan come forma di ritorsione per l’attentato che il 22 aprile nel Kashmir indiano, ha causato ventisei morti. L’India da tempo accusa il Pakistan di sostenere gruppi terroristici e di fomentare le tensioni nella zona con diversi test missilistici a cui la stessa India ha risposto con esercitazioni militari in vari stati.