Nonostante la possibile escalation in Medio Oriente non sembrano essere spaventate le borse statunitensi che hanno aperto in rialzo mentre è tornato sui suoi passi anche il petrolio il cui aumento dei prezzi alla fine si è rivelato relativamente contenuto. Il parlamento iraniano ha dato il suo ok alla chiusura dello Stretto di Hormuz ma gli investitori non sono particolarmente preoccupati. Resta la consapevolezza che i rischi geopolitici restano indubbiamente ma a rassicurare gli animi sembrerebbe la posizione di Mosca, contraria all’attacco ma non concretamente intenzionata ad intervenire.
Una posizione che, unita a quella della Cina chiamata in causa dagli USA per fare da mediatore con Teheran, potrebbe favorire un isolamento di Teheran. Quest’ultima, infatti, si è trovata senza alleati disposti ad entrare nel conflitto. La triangolazione delle posizioni, però, potrebbe vedere una serie di conseguenze diversificate in caso di un blocco momentaneo dello stretto. Il motivo? Secondo l’Energy Information Administration statunitense, nel 2024 sono transitati attraverso lo stretto circa 20 milioni di barili di petrolio greggio al giorno, pari a un quinto del consumo globale, gran parte delle quali destinate alla Cina.
Ma nonostante ciò proprio Pechino potrebbe essere la nazione maggiormente in gradi di reggere il contraccolpo. Questo perché la maggior parte degli approvvigionamenti cinesi arriva da Russia, Arabia Saudita, Malesia, Iraq e Oman. Diversa la posizione di Usa ed Europa, più fragili.
Generalmente una possibile espansione del conflitto è considerato un ulteriore elemento di minaccia per l’economia mondiale già alle prese con la politica protezionista dei dazi del presidente USA Donald Trump. Quest’ultimo, inoltre, ha dichiarato che “ognuno dovrebbe mantenere il prezzo del petrolio basso altrimenti farebbe il gioco del nemico”. Dichiarazioni che incitano le aziende petrolifere USA ad aumentare la produzione. Alcune compagnie petrolifere statunitensi, infatti, avevano avvertito all’inizio dell’anno su un possibile taglio alla produzione dopo il crollo delle quotazioni petrolifere seguite alle dispute sui dazi di Trump e con l’aumento dell’offerta da parte dell’OPEC+.
Guardando ai possibili sviluppi sullo stretto di Hormuz molti analisti fanno notare che diversi armatori hanno già sospeso i transiti in zona per questioni di sicurezza mentre la continua la strategia di monitorare attentamente gli sviluppi nella regione.