L’indicatore chiave dell’inflazione della Fed è aumentato del 2,8% su base annua a febbraio ed ha segnato +0,3% rispetto a un mese fa. E’ quanto ha riferito oggi il Dipartimento del Commercio. Entrambi i numeri corrispondono alle stime del Dow Jones. L’aumento dei costi energetici ha contribuito a spingere al rialzo il dato principale, con un aumento del 2,3%.
Includendo la volatilità dei costi alimentari ed energetici, la lettura principale del PCE ha mostrato un aumento dello 0,3% per il mese e del 2,5% al tasso di 12 mesi, rispetto alle stime dello 0,4% e del 2,5%.
Insieme all’aumento dell’inflazione la spesa al consumo è aumentata dello 0,8% nel mese, ben al di sopra della stima dello 0,5%, indicando forse ulteriori pressioni inflazionistiche. Il reddito personale è aumentato dello 0,3%, leggermente inferiore alla stima dello 0,4%.
I dati arrivano a poco più di una settimana dopo che la banca centrale ha nuovamente mantenuto stabile il tasso di interesse, prevedendo tre tagli quest’anno. I mercati si aspettano che la Fed rimanga nuovamente in attesa quando rilascerà la sua decisione il 1° maggio, per poi iniziare a tagliare nella riunione dell’11-12 giugno.
Sono salite più delle attese le scorte di magazzino negli Stati Uniti. A febbraio, secondo quanto comunicato dal Bureau of Census statunitense, si è registrata una crescita dello 0,5% a 901,1 miliardi di dollari, contro il +0,2% atteso e rispetto al -0,3% del mese precedente. Su base annua si registra un calo dell’1,6%.
Il deficit del commercio internazionale è stato di 91,8 miliardi di dollari a febbraio, in aumento di 1,3 miliardi di dollari rispetto ai 90,5 miliardi di dollari di gennaio.
Nel dettaglio lee esportazioni sono state di 175,1 miliardi di dollari, 4,8 miliardi di dollari in più rispetto a quelle di gennaio, mentre le importazioni sono state di 266,9 miliardi di dollari, 6,1 miliardi di dollari in più.