
I dati macro hanno fotografato un’economia Usa forte e i Treasury oltre la soglia del 5% fanno propendere gli analisti per altri “ritocchini” ai tassi di interesse
Come dice lui stesso il lavoro di Jerome Powell non è finito e la Federal Reserve si riserva ancora qualche asso nella manica segnalando che il costo del denaro non ha ancora raggiunto il suo picco e l’inflazione non è completamente domata.
E’ quindi probabile, come riporta Agi, un nuovo rialzo dei tassi prima della fine dell’anno ma gli analisti sono pronti a scommettere che la prossima settimana la Fed resterà di nuovo ferma. Il mercato ha riprezzato le future mosse della banca centrale Usa, confermando però che a novembre ci sarà un’altra pausa sui tassi, mentre per dicembre è diviso a metà: 50 e 50 tra stop e rialzo. E la Fed, per decidere di qui a dicembre, ha a disposizione altri due dati sull’inflazione e altri due sul mercato del lavoro.
Comunque l’indicazione è chiara: finché le cose andranno troppo bene per l’economia, l’istituto continuerà a mantenere i tassi sugli attuali livelli o al di sopra. Le prospettive di un ‘atterraggio morbido’, ovvero l’inflazione che torna moderata senza pagare il costo di una recessione, sono però sempre più concrete anche se i precedenti dicono che è una chimera.
I dati recenti mostrano ancora un’economia americana forte con un mercato del lavoro solido. Il Pil reale ha registrato una forte accelerazione nel terzo trimestre, crescendo del 4,9% su base annua, rispetto al 2,1% del secondo trimestre e meglio delle aspettative del mercato. L’accelerazione è stata trainata dai forti consumi e dalla spesa pubblica, oltre che da una spinta extra di 1,3 punti percentuali derivante dalle scorte.
L’inflazione Pce, una misura attentamente monitorata dalla Fed per le sue decisioni di politica monetaria, è rimasta ferma allo 0,4% su base congiunturale negli Usa a settembre, in linea con agosto. Gli analisti si attendevano un incremento dello 0,3%. Su base annua, l’indice ha segnato un aumento del 3,4%, invariato rispetto al dato rivisto del mese precedente, e in linea con le attese del mercato. Il Pce core, che non tiene conto della volatilità dei costi alimentari ed energetici, ed è dunque preferito dalla banca centrale Usa per misurare le pressioni sui prezzi, ha registrato un aumento congiunturale dello 0,3% e una crescita tendenziale del 3,7%, entrambi in linea con le previsioni.
Nel complesso, l’economia statunitense ha superato le aspettative nonostante le restrizioni monetarie e la stretta creditizia. E secondo gli analisti, l’inasprimento delle condizioni finanziarie e l’incertezza geopolitica dovrebbero indurre la Fed a procedere con cautela, anche se l’inflazione al di sopra dell’obiettivo e la crescita sostenuta dovrebbero mantenere vivo l’orientamento politico da falco.
Anche il mercato obbligazionario sta facendo la sua parte, con rialzi continui dei tassi nella parte lunga delle curve americane che hanno visto negli ultimi giorni rendimenti oltre il 5%, livelli che non si vedevano dal lontano 2007. Il balzo del rendimento del Treasury a 10 anni, un vero e proprio benchmark obbligazionario globale, oltre la soglia psicologica del 5% sostiene l’ipotesi degli investitori secondo cui difficilmente la Fed e le altre banche centrali taglieranno rapidamente i tassi di interesse.
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