
Il presidente Patuelli è intervenuto su Il Sole 24 Ore per descrivere le prospettive, una volta calata l’inflazione
Il presidente dell’Abi Antonio Patuelli, in un intervento sul Sole 24 Ore, ha affermato che “è il momento di spostare i risparmi dai depositi agli investimenti a medio e lungo termine, che offrono maggiori rendimenti e diventeranno ancora più convenienti quando l’inflazione diminuirà“.
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“Chi ora fa depositi a tempo definito o acquista prodotti finanziari a media e soprattutto a più lunga scadenza, ha rendimenti più elevati e ha anche la maggiore probabilità di rendimenti più positivi quando, auspicabilmente presto, l’inflazione si ridurrà, mentre i depositi a medio e lungo termine e le obbligazioni rimarranno ai tassi di interesse pattuiti in origine” scrive Patuelli.
Nella Relazione annuale della Consob “fra le altre evidenze è stata giustamente sottolineata l’importanza dell’equilibrio delle scadenze dei passivi e degli attivi nelle attività bancarie, perché la loro “alterazione è la causa principale di molte crisi bancarie e fonte di rischi sistemici” ricorda il presidente Abi.
Ecco cosa scrive Patuelli: “Di fronte a mutui a 10, 20 ed anche più anni, le Banche sono impegnate a garantire il massimo di stabilità possibile alla raccolta del risparmio a medio e lungo termine, poiché la stabilità stessa delle Banche, con prestiti a medio e lungo termine, non può basarsi principalmente sulla “raccolta a vista” come quella dei conti correnti che è smobilitabile in qualsiasi giorno”.
“Nelle due sponde dell’Atlantico, l’Occidente ha comportamenti simili sui tassi di interesse: oltre Oceano i tassi ufficiali delle Banche centrali vedono gli Stati Uniti con il 5,25%, il Canada con il 4,75%. In Europa, la Gran Bretagna ha tassi al 4,5% e ulteriormente più limitati sono quelli dell’area euro, ora al 3,75%. I tassi cresciuti complicano lo sviluppo economico (come andiamo segnalando ormai da molto tempo): le Istituzioni Europee, in particolare quelle preposte alla Vigilanza Bancaria, giustamente ammoniscono e invitano alla prudenza attuale e prospettica di fronte ai sempre più probabili rischi di crescita delle crisi di imprese e dei crediti deteriorati che necessitano e necessiteranno di ulteriori cospicui accantonamenti prudenziali di utili o di aumenti di capitale per le Banche”.
“Il conto corrente fornito dalle Banche o da operatori non bancari, su ambedue le sponde dell’Atlantico, è in Occidente uno strumento non di investimento, ma di servizio per effettuare incassi e pagamenti. Negli anni dei tassi a zero e dei Bot con interessi negativi, i conti correnti hanno evidenziato anche una funzione di parcheggio del risparmio, oneroso in altre parti d’Europa, ma non in Italia”.
“Con la ripresa dell’inflazione è più che naturale che la parte eccedentaria dei depositi in conto corrente, utili per pagamenti, sia indirizzata verso vere forme di investimento finanziario o industriale. In tal senso deve essere pure valutata la riduzione dei depositi nei conti correnti bancari italiani che non dipende solamente dalle difficoltà economiche, purtroppo, di tanti italiani, ma anche dagli investimenti di liquidità dei risparmiatori verso certificati di deposito comunque definiti, obbligazioni e altre forme di investimento finanziario e industriale più capaci di fronteggiare i rischi dell’inflazione per i risparmi”.
“Pertanto, non sono cresciuti solamente i tassi di interesse delle Banche centrali e quelli sui prestiti, ma anche i tassi sulle varie forme di investimento della liquidità. Infatti, le Banche commerciali sono inevitabilmente competitive, nelle offerte dei rendimenti per forme di investimento finanziario a medio e lungo termine, con i tassi sui titoli di Stato. I dati più recenti della Bce riguardo ai tassi di interesse per i depositanti sono relativi allo scorso mese di aprile e, quindi, non possono tenere anche conto dei successivi aumenti. Comunque, ad aprile, la media dei tassi di interesse in Italia sui depositi con durata prestabilita era cresciuta al 2,3%, superiore all’1,85% della media nell’area dell’euro. Ad aprile anche la remunerazione media, evidentemente più limitata, dei depositi nei conti correnti in Italia era cresciuta allo 0,29%, superiore alla remunerazione per similari conti presso operatori non bancari ed anche superiore allo 0,26% della media dell’area euro”.
“Questi tassi, che da aprile ad ora sono tendenzialmente in ulteriore crescita soprattutto per i depositi con durata prestabilita, sono sia per l’Italia, sia per l’area euro superiori a quelli praticati negli Usa dove vengono meno remunerati. Comunque viviamo in una fase di passaggio della lotta all’inflazione che è più efficace con l’euro, che con la vecchia lira. Chi ora fa depositi a tempo definito o acquista prodotti finanziari a media e soprattutto a più lunga scadenza, ha rendimenti più elevati e ha anche la maggiore probabilità di rendimenti più positivi quando, auspicabilmente presto, l’inflazione si ridurrà, mentre i depositi a medio e lungo termine e le obbligazioni rimarranno ai tassi di interesse pattuiti in origine”.
“Chi ora fa depositi a tempo definito o acquista prodotti finanziari a media e soprattutto a più lunga scadenza, ha rendimenti più elevati e ha anche la maggiore probabilità di rendimenti più positivi quando, auspicabilmente presto, l’inflazione si ridurrà, mentre i depositi a medio e lungo termine e le obbligazioni rimarranno ai tassi di interesse pattuiti in origine” conclude Patuelli.
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